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giovedì 8 ottobre 2009

Libertà di stampa

Avremmo voluto anche noi prender parte alla manifestazione per la libertà di stampa di sabato scorso (che fra l'altro ha utilizzato lo stesso palco su cui hanno cantato i Tokio Hotel una settimana prima, so' soddisfazioni). Avremmo voluto essere lì, in mezzo alla folla, a far sentire la nostra voce. Era giusto scendere in piazza, esercitare un diritto che al giorno d'oggi dovrebbe spettare a tutti, ma che non tutti ancora possono permettersi di vantare. Comunque era ora che il popolo si accorgesse del fatto che ci sono seri problemi di libertà di stampa in questo Paese: ce ne è troppa. Non ce lo aspettavamo, a dire il vero, conoscendo il popolo italiano, noto per essere profondamente attratto dall'equivoco ed affascinato dalla dietrologia pura che sfiora livelli quasi paranoici. Finalmente una manifestazione contro le prime pagine di giornaletti che riportano con dovizia di particolari ogni aspetto fisiologico che riguarda il Premier o qualcuno del suo entourage, tralasciando invece eventi importanti come la questione iraniana e nord-coreana – non so se tutti sanno che fra qualche mese inizierà la guerra. Un “no” secco agli articoli sul figlio di Bossi che ha preso il diploma, quello di Mastella che ha preso la laurea, quello di Di Pietro che ha preso i voti e sul papi di Noemi che ha preso.. lasciamo stare cosa abbia preso. Un “sì” altrettanto secco, colmo di speranza, alle analisi dell'economia che non si basano sul numero di capelli che Franceschini e Bersani si strappano puntualmente ad ogni intervista, ma bensì su numeri veritieri e fatti concreti. Non ne possiamo più di giornalisti arruffapopolo che per vendere tre copie in più (aumentando magari i volumi di vendita del 50%) titolano “Il Governo fa il ponte sullo stretto e le case in Sicilia vengono sommerse dal fango”; omettono poi di puntualizzare che, tempo fa, qualche squinternato ha avuto la brillante idea di inventare i Comuni, le Province e le Regioni proprio per far in modo tale che il Governo possa pensare al ponte sullo stretto, all'Alta Velocità e al Mose in tutta tranquillità senza preoccuparsi di fermare scriteriate costruzioni in un paesino di 500 anime in mezzo alle montagne di Messina o de L'Aquila.


Ne abbiamo le scatole piene delle testate che si vantano di vivere in un Paese denuclearizzato con 20 centrali atomiche francesi ad una manciata di chilometri dal confine: chi si vanta forse non si è accorto che il trattato di Schengen vale anche per le radiazioni. Però i fessi continuano e perseverano plaudendo alla costruzione dell'oleodotto di Gasprom ed EDF* che non passa per l'Ucraina ma per la Turchia o paesi affini; bel risultato per la politica energetica italiana, non c'è dubbio. Prima quando dovevamo implorare per farci tenere aperti i rubinetti del gas andavamo in Ucraina, e un po' di fica si rimediava; adesso dobbiamo andare in Turchia dove se guardi una donna ti danno così tante frustate che la metà basta. Bel guadagno.

*EDF è quella simpatica società francese che – guarda caso – in Francia detiene la proprietà di tutte le centrali nucleari.







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