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sabato 25 gennaio 2014

Deodoranti

Gli odori sono tanti, milioni di milioni.
E di deodoranti ce ne sono ancora di più, direi quasi “infinito a due”, tanto è vasta la scelta sui ripiani del supermercato. Il mercato è competitivo ed il consumatore prova un dissidio interiore ogniqualvolta la bomboletta inizia a dare segni di esaurimento. “E adesso quale compro?”. La risposta non è facile e può condurre a seri problemi psichici. L'AIRI (Associazione Nazionale Ricerche Insignificanti, che però sta per cambiare nome in Associazione Nazionale Ricerche Inutili) fa notare che nel 2013 i suicidi dovuti all'indecisione nella scelta del deodorante sono aumentati del 135% rispetto al 2012 e addirittura del 23948239482793872768276387659% rispetto al 1605, anno di inizio delle serie storiche.
Dicevo, la gamma di prodotti sui ripiani è sterminata, direttamente proporzionale alle sempre più pressanti ed eterogenee pretese del pubblico pagante. Ad oggi si possono trovare deodoranti con le funzionalità più disparate: ci sono ad esempio quelli traspiranti che non soffocano le ascelle ed evitano quella sensazione fastidiosa di palude del caimano; ci sono quelli transumanti che te li metti sotto le ascelle e ti deodorano i piedi; ci sono quelli transumanisti che non so bene cosa facciano; ci sono quelli transgender che però possono dare spiacevoli pruriti; ci sono quelli invisibili che personalmente mi sento di sconsigliare: a casa ne ho due flaconi ma non li trovo più; ci sono infine quelli tatuati, non indicati per chi cambia idea dieci volte al giorno.
Insomma, come avrete capito è davvero un problema e talvolta si ricorre a metodi drastici. L'altro giorno ero in palestra e ho chiesto ad un ragazzo: “Usi il deodorante al muschio bianco?”. E lui: “No, io so' un purista: er muschio è vero, so' dieci giorni che nun me lavo”.

Elpidio Scancanenzi

sabato 18 gennaio 2014

Che pasticcio!

“Non sai da quanto non vedevo un pasticcio di carciofi così” “Ah sì? Da quanto?” “Dal 1942, a Dacau. Questa è la frase che ho deciso di scolpire sulla stele di marmo ordinata stamattina su Amazon e recapitatami da un droide (il T-1000, se non erro) ieri sera. È finita dritta dritta nella vetrinetta del soggiorno a futura memoria. Non che non voglia ricordare le pennette “Ikea” servite come mamma le ha fatte, con condimento a parte, istruzioni in svedese e bustina di stabbio liofilizzato per dar loro l'inconfondibile aroma scandinavo. Ma il pasticcio proviene da un universo parallelo, un piatto di novèl cuggìn, che i baffi fa leccar a uomini e donnole. Il suo retrogusto di Crystal Ball richiama i tempi dell'infanzia, quando le forbici non erano ancora a punta arrotondata e le normative sulla sicurezza si trovavano solo sui libri di Asimov. La sua consistenza fa riaffiorare quei ricordi felici, in cui il soffio nella cannuccia faceva cambiar colore al mondo, soprattutto se la si usava nel verso sbagliato.
A detta del Kuocò, il pasticcio dà il meglio di sé se accompagnato da un vino di alta qualità, ad esempio un Gotto D'Oro riserva 2011, e gustato in mezzo al pane che aiuta a stemperare il suo gusto deciso (a tavolino). Nel mio caso ho optato per una rosetta. Da qui la stele.

Eusebio Cannavacciuolich

venerdì 10 gennaio 2014

Concorso Fotografico 2014: poche idee ma confuse

Parte con una fiammata il concorso fotografico 2014. Ecco la foto di oggi:

"Poche idee ma confuse" (Staffan Kasin)

mercoledì 8 gennaio 2014

Concorso Fotografico 2014: Evergreen

Torna il concorso fotografico, l'unico concorso che non ha incoronato nessun vincitore nel 2013 (a dire il vero un premio in palio esisteva, ma le tasse sono aumentate ed abbiamo dovuto impegnarlo al Monte di Pietà).
Vi presentiamo in esclusiva la prima foto del 2014:

"Evergreen" (Antiremo Flagozzi)

Si astengano le ragazze 56enni.

lunedì 6 gennaio 2014

I misteri del T9, ovvero buon monocruico

Forse non tutti sanno che, enigmisticamente ed enigmaticamente, quando uno fa gli auguri per l’onomastico col T9, anziché scrivere “auguri di buon onomastico”, vede comparire sul quadrante l’inopinato auspicio “auguri di buon monocruico. Stupore e sgomento in sala: com’è possibile che, al posto del nome della festa (che certo proprio un neologismo fresco di giornata non è), compaia questo termine assente per ferie dal vocabolario italiano e, come mi assicurano dottissimi esperti dalle varie accademie linguistiche interpellate, anche da quello delle altre lingue romanze (casomai si fosse verificata un’invasione di campo da parte del romeno o del catalano orientale)?

Il mistero ha subito scatenato dispute e dibattiti accaniti: per esempio il Fatebene-Cugini, noto linguologo dell’area dalmata e del perimetro finnico, ha ipotizzato l’esistenza in epoca romana di una serie di “feste cruiche”, che al pari del nostro trittico “Natale-Capodanno-Quell’impicciona della Befana”, venivano considerate collettivamente ed erano perciò ridenominate “policruico”, anche per far contento il noto aedo del tempo Renatus Zerum, secondo il quale era sempre meglio se “ce sta ‘na parola sola” (unum solum verbum est). Dal “policruico” è stato quindi naturale passare al “monocruico”, inteso come festa unica* e a beneficio di una singola persona, com’è appunto l’onomastico.

Curioso, piuttosto, è il fatto che l’accezione del lemma “monocruico” non si sia estesa anche al compleanno, altro giorno che condivide molte caratteristiche con l’onomastico, forse perché in quel frangente il programmatore del T9 era rincasato a un’ora decente la sera prima senza sfondarsi di vodka e pertanto non ha fatto casino con la relativa combinazione dei caratteri.

Gnaggnerox

* Come diceva sempre Renatus, “una sola dies festi est” (“ce sta ‘na festa sola”); e poi dice che gli antichi Romani lo Zero non lo conoscevano.

domenica 5 gennaio 2014

Birra Rappista

Nuova gatta da pelare per il ristorante cinese sotto casa.

Dopo aver risposto al momento di congiuntura economica con un menù di capodanno “anti-clisi” composto da involtini primavera inoltrata, lepre in salmì e salmone in leprì, i mandorlati stavano per giocare il loro “asse nella maghina” proponendo in esclusiva una birra sponsorizzata niente meno che dalla Yeah!, ONLUS romana il cui scopo è pubblicizzare la realtà Rap nel panorama metropolitano. Una ventata di novità, considerando che la birra rappista, così come le caramelle al pino ed il liquore di noci, è un prodotto di ottima qualità e che riscuote sempre un enorme consenso del pubblico, e talvolta anche del privato.
Sfortunatamente però le cose non sono andate come preventivato e, per un errore di trascrizione, il contratto di fornitura è stato firmato con l'AIEA.
“Nessun ploblema”, ha fatto sapere il responsabile del locale, “la qualità della billa non ne ha lisentito e le consegne sono puntuali” (vedi foto, N.d.L.).

Anton Gardner