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sabato 27 gennaio 2007

La Differenza fra Noi e Loro?

Questa: che nella nostra cultura non solo lasciamo che si diffondano e si comprino, ma apprezziamo e sappiamo apprezzare gemme come questa:

"Non avrai altro Dio all'infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall'est
dicevan che in fondo era uguale.

Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.

Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:

ma forse era stanco, forse troppo occupato,
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano,
davvero lo nominai invano.

Onora il padre, onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:

quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Quanto a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.

Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni

senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.

Il quinto dice non devi rubare
e forse io l'ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato:

ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri nel nome di Dio.

Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l'ami
così sarai uomo di fede:

Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore:
ma non ho creato dolore.

Il settimo dice non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno.
Guardatela oggi, questa legge di Dio,
tre volte inchiodata nel legno:

guardate la fine di quel nazareno
e un ladro non muore di meno.
Guardate la fine di quel nazareno
e un ladro non muore di meno.

Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino,
e scordano sempre il perdono:

ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.

Non desiderare la roba degli altri
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:

nei letti degli altri già caldi d'amore
non ho provato dolore.
L'invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti:

io nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore".

(Fabrizio De Andrè, Il testamento di Tito)

Qui De Andrè, per voce del buon ladrone crocifisso accanto a Cristo, confuta nientemeno che i Dieci Comandamenti. Eppure nessuno lo ha ammazzato né ha tentato di ammazzarlo: anzi, non è stato nemmeno scomunicato. E vi dirò di più: per quanto cattolici praticanti, tantissimi italiani (quorum ego) adorano questo brano, uno dei testi più belli mai scritti per una canzone dallo splendido anarchico che portò una brezza di scintillante poesia nel mondo canoro italiano.
Mario Kraus

venerdì 19 gennaio 2007

La grammatica del Crespo

Girando qua e là per le grammatiche, alcuni vi diranno che i nomi dei popoli non vogliono la maiuscola, altri vi diranno che la vogliono. Tsk tsk. Nessuno dei due pareri è quello giusto. Il fatto è che non la meritano. Ne hanno fatte di tutti i colori e conseguentemente non vedo il perché dovremmo accordargli quest’alto privilegio. Mi si dirà che, a seguir questo ragionamento, se ne dedurrebbe gli inglesi hanno un concetto migliore della gente e delle nazionalità, perché mettono in maiuscolo pure il nome delle lingue. Però non significa niente: se è per questo concedono la maiuscola anche ai mesi e ai giorni della settimana, che non si sono distinti mai in alcunché. E poi noi non siamo inglesi né dipendiamo da loro, quindi non c’è motivo d’uniformarsi a tutto quanto provenga dal mondo anglofono. Diremo quindi giustamente: gli italiani (o gl’italiani), i tedeschi, i francesi, gli arabi, i russi, gli americani, i neozelandesi, i persiani, gli israeliani, gli scozzesi, gli inglesi, i malesi, i giapponesi ecc. Al massimo possiamo fare un’eccezione in casi rarissimi del tipo “gli Italiani come Dante, i Russi come Pushkin, gli Austriaci come Mozart (ma qui sarebbe più corretto dire “i Tedeschi”, perché tale Mozart si sentiva), mentre per gli individui infimi dovremmo escogitare qualcosa che sia inferiore alla semplice lettera minuscola: i _ussi come Stalin, i _edeschi come Hitler, i _alestinesi come Arafat e via abbassando.
Mario Kraus

giovedì 18 gennaio 2007

D'Alema di' qualcosa...

Sono lontani i tempi in cui Nanni Moretti nel suo “Aprile” tirava fuori quella indimenticabile battuta, capace di sintetizzate in un motto di spirito la sensazione inconfessabile di disagio che attanaglia noi cosiddetti “progressisti” quando la parte politica che per storia e ideologia più ci rappresenta assume responsabilità di governo: “D’Alema, dì qualcosa di sinistra!”. Sono lontani quei tempi, perché l’attuale Ministro degli Esteri ha imparato la lezione. Ora le cose “di sinistra” le dice. Il problema, semmai, è che non le fa. E come lui molti dei suoi colleghi. “Il Governo non condivide la politica dell’attuale amministrazione americana”. Benissimo. “La guerra in Iraq è stata un errore”. Chapeau. Ma poi che ti va a combinare l’allegra brigata delle bandiere arcobaleno? Semplice: prende le distanze dalla politica imperialista (che termine desueto, non va più di moda me ne rendo conto, ma tant’è) e d’aggressione dei teo-con, condanna con fermo rigore morale le carneficine “chirurgiche” di migliaia di innocenti, ma poi fornisce senza colpo ferire all’”alleato” a stelle e strisce ciò di cui ha bisogno per perseverare nella propria folle stategia. Hai visto mai che si incazzassero sul serio? Ospitare un centinaio di testate atomiche sul suolo nazionale, noi che costituzionalmente ripudiamo la guerra e abbiamo firmato il trattato di non proliferazione nucleare, non è già abbastanza? Hai voglia a dire “E’una decisione del Consiglio Comunale”, “E’colpa del vecchio governo”, “Non è questione politica, ma urbanistico-amministrativa” (bella questa, eh? E’ la mia preferita). Comodo sventolare le bandiere in piazza e poi optare per il bieco compromesso quando si sta sulla poltrona. Certo, occorre dirlo, in parte la discontinuità promessa in campagna elettorale c’è stata: il ritiro dall’Iraq, la via dell’equi-vicinanza in Palestina, la vicenda del rapimento di Abu Omar. Ma ciò non toglie che stavolta bisognava dire no. Poco, anzi pochissimo importa che gli americani avrebbero semplicemente spostato la base in Germania, cioè a poco più di un tiro di schioppo. Poco importa che si tratta dell’ampliamento di una base pre-esistente. Poco importa che dal punto di vista di un atteggiamento pragmatico e di real-politik fosse la cosa più sensata da fare, oltre che, ovviamente, la più remunerativa. E’il principio che non va giù: 60 anni di sovranità limitata sono fin troppi, quanto dovrà continuare? Tutto cominciò a Jalta quando nella più decisiva partita di Risiko della storia, l’Europa fu tagliata a fetta e l’Italia capitò dalla parte della coca-cola che risultò, per carità va detto, assai più digeribile della vodka, ma non meno corrosiva. Arrivarono i soldi del Piano Marshall, la ricostruzione, il boom e il miracolo italiano, tutto compreso nel prezzo fissato dal cugino d’Oltreoceano. Volete il benessere economico, il consumismo, i blue jeans? E quello avrete! Quanto ne volete, prendetene pure, è tutto pagato. Tante volte ho avuto modo di dire che se l’alternativa erano baffetto e baffone allora è andata certamente bene come è andata. Ma qualcuno mi vorrà un giorno spiegare perché non dovremmo pensare che un’altra via non fosse possibile? Il tabù storico del socialismo democratico, la speranza di conciliare le istanze di uguaglianze e solidarietà con la trasparenza e le garanzie della vita democratica (inviso tanto agli Usa quanto all’Unione Sovietica naturalmente), stroncato sul nascere in ogni dove sembrava ci fossero le pre-condizioni: nel Cile di Allende, dove con lo zampino della Cia ci pensò Pinochet a rimettere le cose a posto, in Grecia, in Nicaragua e in Italia naturalmente, dove c’è ancora una famiglia, quella dell’Onorevole Moro, che chiede inutilmente giustizia e verità. Tutti o quasi conoscono il Piano Marshall, pochissimi hanno mai inteso nominare il Piano Demagnetize, l’altra faccia della medaglia. In quel documento ancora oggi coperto da segreto militare (l’amministrazione Clinton ha desecretato moltissimi fascicoli riservati prodotti dall’intelligence americana durante la guerra fredda, ma degli accordi fra Usa e Italia stipulati all’indomani della fine del conflitto mondiale neanche a parlarne) veniva posta (diverse mezze ammissioni vi sono state a riguardo da uomini politici italiani e americani), una condizione “sine qua non” perché l’Italia potesse contare sul protettorato Usa: la rinuncia, con ogni mezzo lecito ed illecito, a svolte a sinistra nell’orientamento politico nazionale. Il resto è storia in buona parte (purtroppo) poco nota: l’esclusione delle sinistre dal governo nel maggio del 1947 che segnerà per sempre la rottura dell’unità nazionale resa possibile dalla Resistenza (pochissimi mesi dopo, guarda un po’, rispetto al viaggio di De Gasperi negli Usa); la formazione delle cosiddette reti “stay-behind” (prima Duca, poi Gladio), formazioni paramilitari pronte all’intervento in caso di ascesa al potere delle forze politiche invise all’alleato atlantico; la strategia terroristica della tensione, la P2, i servizi segreti deviati, il delitto Moro e tante altre pagine fra le più tristi e gravi del nostro passato recente. Oggi che il “pericolo comunista” è morto (al di là dei piagnistei elettorali di Berlusconi) e il fantasma maccartista ha esaurito la propria capacità catalizzatrice, pronto in tavola c’è il degno sostituto: la lotta globale al terrorismo islamico. Vi fa più paura il Corano o temevate di più il libretto rosso di Mao? Stalin o Bin Laden? Al Qaeda o la Stasi? Scegliete pure liberamente, tanto il prezzo del biglietto è sempre lo stesso: terrorizzare per imporre la rinuncia alla libertà di progettare senza condizionamenti la propria società, ad un modus vivendi alternativo agli schemi preconfezionati del capitalismo feroce (che ha vinto) e del collettivismo forzato (che ha perso), all’autodeterminazione del popolo sovrano.
Jean Luke


venerdì 12 gennaio 2007

L'adesione di Romania e Bulgaria

È ora di trattare, visto che l’adesione di Bulgaria e Romania alla Comunità europea ne dà il destro, il problema sempre men piccolo dell’immigrazione ex clandestina, ovvero quella faccenduola dei 30.000 che, appena spalancate le frontiere che già prima eran chiuse per modo di dire, hanno subito fatto domanda per entrare in Italia. Questa è solo la primissima ondata: altre, e chissà quante, ne seguiranno e andranno ad aggiungersi agli sbarchi continui e agli arrivi degli altri immigrati dall’Est.
Qui si fanno moratorie per la pena di morte (solo quando la causa prima della medesima sono gli americani, anche se per interposto popolo; mai quando c’è di mezzo la Cina o i paesi arabi, ché quelli sono culturalmente inferiori e quindi intoccabili), ma di far moratorie per frenare per un paio d’anni la circolazione dei nuovi aderenti in Italia non se ne parla nemmeno. Ci avevano pensato alcuni Stati membri già in occasione dell’altro allargamento, ma noi siamo sempre d’un altro pianeta. Intendiamoci: i romeni non mi sono antipatici, anzi. Se lo fossero, non avrei studiato romeno all’università per quattro anni e fatto amicizia con tutti i romeni che ho avuto il piacere di conoscere; ma a parte questo, non dovremmo giudicarli nell’insieme, come fa erroneamente la propaganda proimmigrati che ci martella i neuroni da tre lustri a questa parte dicendo che son tutti buoni, son tutti bravi e tutti desiderosi d’una vita migliore, ma dovremmo giudicarli uno per uno. L’errore principale che si commette è quello di prender per buona la massa e fregarsene dell’individuo (che poi finisce a raccoglier pomodori in un campo, com’è accaduto in Puglia, oppresso dal caporalato e dagli infami aguzzini che lo costringono a orari di lavoro e condizioni di vita impossibili). Dovremmo piuttosto trovar simpatico l’individuo (se lo è) e temere la massa come la peste, sorvegliarne l’afflusso, accordarsi con le ambasciate dei rispettivi Paesi, cosa che avremmo dovuto fare fin dai primi anni ’90. E invece, proprio a cominciare da quei tre lustri di cui sopra, tutti si sono improvvisamente accorti che stavamo andando verso la società multirazziale (ma chi l’ha detto? È forse sceso il Padreterno a imporcelo?) e, spinti da un programma evidentemente già stabilito in precedenza, si sono mobilitati per impedire o quantomeno demoralizzare qualsiasi forma di dissenso e di controllo delle frontiere. Ma è ragionevole, mi chiedo, non fissare dei limiti? Lasciare che tutti entrino, indiscriminatamente, senza neppure chiedere loro cosa intendano fare qui? Dice: ma sono poveri. E scusate, quanti poveri ci sono al mondo? Andiamo per difetto: tre miliardi? E allora dovrebbero tutti entrare in Italia, quando neppure l’Europa sarebbe in grado di contenerli? E chi paga per garantire loro i servizi pubblici? Chi è in grado di reggere l’esplosione demografica che verrà causata dalla loro prolificità?
Lasciamo pure da parte la paura del terrorismo, i timori di un attacco islamico (che non ci sarà mai: basterà aspettare qualche generazione e saremo meno di loro), le statistiche del Ministero degli Interni, le quali affermano che il 50% dei reati in Italia viene commesso da immigrati clandestini e conseguentemente non ci rassicurano affatto sull’onestà dei nostri ospiti: ma al di là dei problemi di sicurezza, anche ammettendo che le nostre coste siano attinte esclusivamente da integerrime persone, questa quantità immensa di gente assetata di diritti (diritti che gli zelanti progressisti nostrani si affannano a garantirle) non vi spaventa, non vi scatena un brivido lungo la schiena, non vi allarma nemmeno un po’?
Ecco, avrei dovuto parlare dell’immigrazione ex clandestina e invece ho finito per parlare dell’immigrazione tout court. Pazienza. Penso che, con tutti i problemi che ci sono in Italia, quella d’andare parzialmente fuori tema sia proprio l’ultima delle mie preoccupazioni.
Mario Kraus

domenica 7 gennaio 2007

Un libro per l'estate

Anche se il nuovo libro di Veneziani è deprecabile sotto molti aspetti, non ultimo quello d’infilare un gioco di parole ogni trenta righe - un vezzo piuttosto fastidioso che può andar bene in un articolo, non in un pamphlet di 150 pagine e passa -, qualche passo è degno di menzione. Per esempio quello in cui, dopo aver puntualmente sciorinato un calembour più o meno a proposito (lo sconto di civiltà), spiega lo strano caso del dottor Laico e di Mr. Filoislamico:

È un caso curioso di schizofrenia: fior di laici e ammazzapreti dopo aver deprecato per anni la pervasività religiosa con le sue festività, chiedono ora di duplicarle per far posto alle festività islamiche. Vedevano la religione come oscurantismo e superstizione e ora diventano sostenitori non solo della religione ma di una religione come l’Islam che, con rispetto parlando, è più religione delle altre quanto a osservanza e oscurantismo, integralismo pervasivo e intolleranza. Fior di democratici progressisti che detestavano a scuola le classi differenziali, quelle per diversi, poveri handicappati; ora viceversa reclamano scuole differenziali per i nuovi diversi, i figli d’immigrati slamici. Dopo aver chiesto di abolire i ghetti nel nome della parità dei diritti umani, adesso chiedono di riaprirli nel nome stesso della parità e del multiculturalismo.
(M. Veneziani, Contro i barbari).

Mario Kraus

lunedì 1 gennaio 2007

Sette cattivi propositi per il 2007 e per qualsiasi altro anno di là da venire

Questo insulso eptalogo potrà esservi utile nei prossimi mesi se saprete farne saggiamente uso. Avvertenze: prendetelo come un antidoto, per quel che può valere, contro il buonismo imperante che permea ormai il nostro mondo dalle più illustri Istituzioni agli infimi gradini della scala sociale.

1. Dimenticate il più rapidamente possibile i buoni propositi per l’anno nuovo, ammesso che vi siate dati la pena di farli;
2. Rispondete sempre e comunque agli avversari (la regola vale sia per la sx che per la dx, ma pure chi è di centro dovrà adeguarvisi);
3. Prendete spunto da tutto ciò che, a vostro avviso, scricchiola nel testo degli avversari e, se è palesemente sbagliato, colpite senza pietà riportando correzione, fonte e indirizzo comprensivo di e-mail dell’autore del testo di cui ci vi siete avvalsi per castagnare l’avversario;
4. Sfiorate l’insulto, non appena è possibile, ma senza mai usarlo: c’è molto più gusto ad oltraggiarsi nelle discussioni orali;
5. Provocate con calma, tenendo sempre conto che attaccare è sempre meglio che difendere;
6. Portate sempre acqua e possibilmente anche alcolici al vostro mulino evitando di menzionare tutto ciò che può darvi contro o far gioco agli avversari (anche questa regola è valida per tutti gli schieramenti politici, sportivi o religiosi, tranne nel caso degli islamici perché loro vietano gli alcolici);
7. Ignorate gli argomenti dell’avversario ai quali non siete in grado di rispondere. Meglio: cavatene fuori altri opposti, giustificando Stalin con Hitler e Pinochet con Pol Pot (regola aurea e diffusa in tutto il mondo giornalistico e non solo).
Mario Kraus