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lunedì 24 luglio 2006

Ciao Germania

Addio, Germania: segui la tradizione degli ultimi ventiquattro anni e le altre squadre che, Francia esclusa, in tutto questo tempo non son riuscite a vincere il mondiale pur ospitandolo. Segui la Spagna dei grandi club e delle nazionali incompiute, il Messico franato ai rigori proprio contro di te quando è venuto il suo turno, segui la stessa Italia che aveva Schillaci ma non un rigorista decente, gli USA che giocano bene solo quando non te l’aspetti, la Corea trascinata in semifinale da arbitraggi che credevamo potesse permettersi solo la juventus. E magari, cara Germania, la prossima volta che ti ricapita vedi di startene zitta. È vero, la faccenda del giocatore squalificato su richiesta dell’Italia è stata una riprovevole mascalzonata, ma d’altra parte avevi cominciato tu con la storia dei pizzaioli e i soliti common places, e dopo tutto non c’era bisogno di piantare un casino simile per un successo azzurro, pur francamente rubato come il rigore segnato da Totti: semplicemente non erano affari tuoi. Si fosse lamentata l’Australia, allora sarebbe stato un altro discorso. Con queste spacconate da poveri fessi ti sei costruita con le tue mani la figuraccia del decennio, e non solo davanti all’Italia, ma davanti al mondo. E dire che, con una squadra a corto di fiato e di idee, già duramente provata dalla rincorsa affannosa e dai supplementari con gli argentini, potevi pur mettere in bilancio una sconfitta così deprimente, guardare un po’ di più ai tuoi guai calcistici e lasciar perdere le nostre abitudini, o presunte tali, che non c’entravano niente con la furbata di Grosso. Potevi magari darti una calmata pensando all’ottima difesa azzurra e alla situazione vantaggiosa in cui si trovava l’Italia - grazie alle avversarie ridicole che ha affrontato e alle energie risparmiate giocando sul velluto - rispetto a tutte le altre squadre rimaste ancora nel Mondiale. Hai preferito gonfiarti come un piccione con le pizze Aufwiedersehen, le accuse cretine e gl’insulti gratuiti: e ben ti sta. Così s'è capito che non solo non sai perdere, ma nemmeno pareggiare. Artrimenti armeno ai carci de rigore co’ l’Italia ce saresti arivata.

Mario Kraus

giovedì 13 luglio 2006

Monache Moderne

Ecco, ne sono certo: adesso diranno "ma guarda questi, non hanno proprio null'altro da fare che prendersela col povero Muccino". Ma il destino a volte è ironico. Contestualmente alla pubblicazione dell'articolo di ieri, Mario Kraus ci ha inviato un suo nuovo pezzo. Indovinate su chi?

Il secondo episodio della pubblicità di Muccino è illuminante: il soggetto in questione invia sessantotto messaggi tutti uguali (“no” oppure “none”, per non essere monotoni) a una biondina che sta per sposarsi e che almeno in chiesa potrebbe spegnere il telefonino; eppure è proprio quest’atto disapprovato dal galateo a risparmiare alla ragazza un matrimonio evidentemente un po’ forzato: infatti l’ultimo “no”, corroborato da un autoritario punto esclamativo, convince la promessa sposina a rifiutare di prendere come legittimo sposo il lì presente Pinorberto Dell’Ulivo (preferito dai genitori della sposa agli altri contendenti, dopo una contesa furibonda, anche grazie alla vittoria ottenuta nelle ultime elezioni) e di svignarsela via dalla chiesa come una centometrista. Tanto, là fuori, c’è Muccino che la sta aspettando in sella al cellulare. Qui mi fermo e concludo mestamente: visto com’era sfigata la Monica de’ Monza? Se all’epoca sua avessero inventato i telefonini a ‘st’ora se sarebbe già risposata otto vorte.

Mario Kraus
Socio della Fondazione "Contro i ritornelli di Ligabue,
ma anche pe' quelli de Tiziano Fero ce farei 'n penzierino"

mercoledì 12 luglio 2006

Ma Perchè?!?!?!

Uffa... Uffaaaaaaa... Ma perchè ce dovete fa' parla' ancora de Muccino??? Basta! Nun ne potemo più! Ma la saga Vodafone è per noi grande fonte di pensieri e dubbi amletici. Mettiamoci solo per un attimo nei panni dell'Italiano medio, posto davanti al televisore, magari a pranzo, di fronte ad un bel piatto leggero di melanzane alla parmigiana. Qualche occhiata distratta alla scatola parlante e una forchettata alla melanzana grondante d'olio. Ad un certo punto... canzone di Ligabue. L'Italiano medio si aspetta di vedere le mutande della Chiatti stese su una strada anonima del Colorado - normale amministrazione - e, senza sollevare lo sguardo dalla propria vittima designata, pensa: "Ahò, stanno tutti dentro Leppy Howard. Poraccio". Invece? No. Messaggio inviato. Blip blip. No!!!! Messaggio inviato. Blip blip. NOOOOOOO!!! Messaggio inviato. Blip blip. Laura Chiatti vestita da sposa. "E ndo l'ha presi i vestiti? Non c'ha manco più le mutanne...". La melanzana attende come color che son sospesi, ignara del proprio triste destino. "Ma anvedi, questa se sta a sposa' e legge pure i messaggi... che maleducata nonchè indelicata". BRRRRROT! Rutto vulcanico. La melanzana trema, e non per la paura. Laura Chiatti urla: "NO!" ed esce di corsa dalla Chiesa del Colorado (ce ne sono molte in Colorado, sperdute in mezzo alle montagne, anche se non sembra). La vicenda si fa avvincente e la melanzana passa in secondo piano. "Famme un po' vede...". L'attrice esce, si guarda intorno, e chi vede? NOOOOOO... non è possibile. Silvio Muccino. In moto. "E mo questo da do' scappa fori?". Domanda lecita, in effetti. L'avevamo lasciato a piedi in mezzo alla strada del Colorado, in procinto di andare a funghi, e ora lo ritroviamo con una moto full-optional dotata di bluetooth e Playstation. "Boh, se vede che j'ha fregata a Verdone". Probabile. "Caro, ma quanto hai speso per mandarmi quei duecento messaggi con scritto NO?" "Zero". "A ciccia, vojo 'm po vede', stai a parla' co' Muccino, mica co' l'urtimo stronzo". Una volta tranquillizzata la Chiatti, i due partono insieme, alla volta della sagra della porchetta che - guarda caso - si svolge in Ohio proprio in quei giorni. Finisce lo spot, Ligabue smette di suonare e il signor Howard tira un sospiro di sollievo.

martedì 11 luglio 2006

Missione Fallita

Che dire? Un altro mondiale è andato in vacca (il sesto consecutivo) perché anche stavolta gli azzurri non sono riusciti a battere i tedeschi come vogliono loro. Quattro a uno non va bene, due a zero con un palo e una traversa in omaggio e senza favori arbitrali nemmeno, perdere era onestamente impossibile, se non ai rigori, ma in ogni caso va dato all’Italia il merito di averci almeno provato. La Germania aveva solo il vantaggio di giocare in casa: per il rimanente era una squadra modesta, fiacca di gambe, debolissima in attacco, neanche tanto furba. Un paio di volte, non di più, un attaccante s’è ritrovato Buffon davanti al muso: la prima volta ha spedito il pallone in cielo e la seconda l’ha tirato addosso al portiere. Con tutto quello che hanno potuto sciupare in centoventi minuti, invece, gli italiani non potevano proprio esimersi dal pescare quei sette metri di porta almeno in un’occasione, anche se i rigori ormai alle porte e la stanchezza già affiorata da due tempi e rotti (secondo la patetica tradizione dei nostri cronisti sportivi) consigliavano di pazientare ancora per quel poco che mancava pur di lasciare il risultato sullo zero a zero e far contenti i poveri tedeschi, ormai ridotti al ruolo di antiparassitari scaduti. A dire il vero, Grosso non l’ha fatto apposta: ha detto di aver tirato così, senza mirare, tanto nessuno garantiva che quel pallone dovesse finir dentro dopo tanti tentativi andati a vuoto. Invece succedono cose strane: in effetti la sferozza se ne stava uscendo chiotta chiotta (pare che in quel momento stesse pure dicendo “tanto al massimo piglio il palo e poi torno indietro, ormai in questa partita ce so’ abituata”) e poi, che volete, è girata accucciandosi sardonicamente in rete. E il secondo goal? Ma scusate, a quel punto non faceva alcuna differenza che l’incontro finisse uno o due a zero. Però i tedeschi ci sono rimasti male e ce l’hanno fatto sapere con molto buon garbo nei giorni seguenti per la nostra amarezza. Vabbè, gli azzurri ci riproveranno nel 2010. Però, cari tedeschi, nel frattempo vedete di qualificarvi. Perché stavolta eravate padroni di casa e v’è andata liscia, ma la prossima volta uno straccio di girone di qualificazione dovrete passarlo anche voi.

Mario Kraus

lunedì 10 luglio 2006

Italia chi?

Innanzitutto vorremmo scusarci con tutti i lettori per l'articolo comparso su questo blog poco dopo il rigore di Grosso. Dichiariamo ufficialmente che si tratta di un hacker tifoso che si è introdotto nei server e ha lasciato la propria firma tendenziosa, becera e campanilista. Gente da evitare.

Chissà se in Germania sanno chi ha vinto il Mondiale. A leggere i principali giornali tedeschi, il tempo sembra essersi fermato all'inizio della settimana scorsa, quando i giocatori della Luftwaffe chiedevano all'unanimità di risparmiare er Pantegana (per gli amici Jurgen Klinsmann) e di farlo restare alla torre di controllo. I giornalisti tedeschi non sanno che la proposta secondo cui se la Germania fosse stata eliminata si sarebbe dovuto ripetere tutto (dalle eliminatorie) non è stata accettata dal simpatico Beckenbauer, che pure aveva proposto - dall'alto della sua rinomata imparzialità - un certo Moreno come arbitro della finale. Vabbè, i Tedeschi non sono scemi; capiranno che il Mondiale è finito: lo faranno quando, con bandiere, taccuini, e fischietti si presenteranno allo stadio per assistere a Burkina Faso - Oman.
Piuttosto, chissà se gli Americani sapevano dell'esistenza di una finale: su ESPN, che ha seguito tutti i Mondiali, hanno trasmesso una gara di mangiatori di Hotdog organizzata a Minneapolis. Non è una battuta.
Ok, festeggiamo, gridiamo, gioiamo, ma con moderazione. Diceva bene l'hacker di stanotte. Ci sono tanti Italiani che sono felici e ne hanno ben donde, ma tanti altri che son piombati nella disperazione. Ad esempio, stamattina il signor Mediaworld è stato trovato senza vita nel suo ufficio, impiccato con una bandiera tricolore. Evidentemente la mossa pubblicitaria "Tifa Italia e Vinci" grazie alla quale a 10.000 persone verranno regalati altrettanti televisori LCD e al plasma non è stata proprio geniale. Benchè stamattina sul sito del distributore si esternasse una soddisfazione di facciata (vedi foto), i sedici mijoni e mezzo di euri andati in fumo in 120 minuti pesano eccome. Molto peggio di quanto fece Prodi all'IRI. Almeno se a proporre quest'offerta fosse stato Trony, avremmo avuto già pronto il nuovo spot: "Trony, siamo proprio dei coglioni". Ma fare rima con Mediaworld non è cosa da poco. Per i prossimi Mondiali consigliamo vivamente una campagna del tipo: "Tifa Emirati Arabi Uniti e Vinci".

domenica 9 luglio 2006

Libertè, Egalitè...

Pasta, pizza, mandolino. Ah già, Mafia. Popolo di simulatori, di venduti, di parassiti, siate felici ma con moderazione! Ce ne vorrà di tempo per assomigliare ai nostri cugini d'oltralpe. Per ora possiamo dire: viva la Francia! Viva Barthez! Dai mon petit garçon, su: fra qualche giorno è la presa della Bastiglia. Per ora prenditi la pastiglia, sì, una bella pastiglia di imodium. A pelato, non sorridi più? Non fai più il gradasso? Ma come?! Tu sei il portiere imbattibile, colui che si trasforma in saracinesca. Mi pare che di gol stasera ne hai presi abbastanza! Ciapa sù e porta a ca'. Torna a casa dal tuo cane superintelligente cui hai insegnato addirittura a dire il suo nome e vai in giro vantandotene come un pavone (ah, il cane si chiama BAU). Intanto noi festeggiamo la vittoria contro la nazionale dell'Uganda. Orsù, Zizou Zizezine Zizan, non essere triste. Hai dato dimostrazione della tua correttezza in campo. Avremo sicuramente un buon ricordo di te... grazie davvero. D'altra parte, nobless oblige. Libertè, Egalitè, Infant Terrible.

venerdì 7 luglio 2006

Chi Non Salta Nepotista è!

N.d.R. Qualcuno avrà sicuramente notato che non abbiamo scritto nulla nè sulla vittoria della Nazionale Italiana nè sui 245 chilogrammi di polvere da noi deglutiti al Circo Massimo. Preferiamo mantenere un diplomatico silenzio sulla vicenda almeno fino a domenica. Questo perchè preferiamo essere del tutto AVURZI e non scomporci troppo. Non perchè siamo scaramantici, lungi da noi. Noi non siamo scaramantici, non beviamo, non fumiamo e non diciamo parolacce.
ECCO, PE' SCRIVE ST'ARTICOLO M'è CASCATO ER SIGARO NER UISCHI. DEVE ESSE STATO QUER GATTO NERO CHE M'HA ATTRAVERZATO OGGI. LI MORTACCI SUA, STO STRONZO...
Ehm, pubblichiamo l'articolo odierno di Mario Kraus:

Duole dirlo, ma gli italiani digiuni di spagnolo che hanno assistito a Ecuador – Costarica e/o Ecuador – Inghilterra si son fatti dare di ricchione senza battere ciglio. Noialtri che sapevamo ci siamo messi a saltare assieme agli ecuadoregni e fin qui tutto è andato bene. Ma chissà cosa mai ci avranno detto coi loro cori i tifosi del Giappone, della Corea e della Tunisia, solo per citare qualche rappresentanza dalla lingua ostica? Quali insulti ci siamo inconsapevolmente beccati tra un fuorigioco e l’altro? Caciottaro? Torsolone? Nepotista? E magari sugli indecifrabili striscioni figuravano scritte innocenti del tipo “Per la squadra andiamo in trance, voi con Lapo andate a trans?”

Mario Kraus

mercoledì 5 luglio 2006

Ma 'ndo vai senza Sky?

Ma che brava la tivù di Stato: anziché spendere miliardi per trasmettere tutte le partite dei mondiali com’è avvenuto fino a quattr’anni fa, quegli amiconi della Rai han deciso di evitare sittanto spreco e impiegato oculatamente i nostri soldini per finanziare le chiacchiere da bar dello sport a cui tutti potremo finalmente assistere dopo anni di bieco calcio giocato: basta accendere la tivù alle 23 e 30 per vedere Mazzocchi, Galeazzi e tanti altri, benché modestamente remunerati per l’improba fatica, che allietano le nostre notti mondiali (ehm ehm) con quei preziosi commenti che non potrebbero passar per la testa a nessun altro appassionato di calcio. L’unico problema è che è vietato addormentarsi (ma non se ne corre proprio il rischio, d’altronde), perché se vi abbioccate durante gli amabili conversari dei cari esperti rischiate di perdere le sintesi degli incontri che sono stati trasmessi solo da Sky e che ovviamente vengono mandate in onda nell’ultimo scorcio di trasmissione. E per fortuna esistono i videoregistratori. Persino in Croazia (dove non credo che sprofondino nell’oro) chi ha il televisore può vedersi tutte le partite, beninteso se la moglie e/o l’amante non gli rompono i tondelli. Lì i soldi per pagare i diritti, evidentemente, sono saltati fuori; in Italia, paese dove il calcio è lo sport nazionale e dove la Rai pretende pure un canone dai suoi abbonati, nossignore: si vede una partita su tre o su quattro - com’è tristemente accaduto durante la terza tornata di partite della fase eliminatoria – e tocca aspettare la mezza per vedere le azioni rilevanti delle altre gare, per giunta commentate con una fiacca deprimente dai cronisti, che talvolta continuano a parlare del più o del meno anche mentre scorrono le immagini di un goal. Bravi davvero.

Mario Kraus

martedì 4 luglio 2006

Il Parassitaliano : Analisi Etnolinguistica

Che il gioco dell’Italia e gli avversari della medesima non siano particolarmente esaltanti e non mandino in visibilio le folle – salvo quelle nostrane, che a Torino son riuscite a festeggiare persino dopo il pari con gli Stati Uniti – mi sembra chiaro, inutile dilungarsi sull’argomento. Meno chiaro, invece, il motivo per cui i tedeschi dello Spiegel ci abbiano dato di parassiti prendendo spunto dalle partite della nazionale suddetta: che ci azzecchiamo noi? Del resto non c’è possibilità di equivoco, il tedesco è una lingua precisa e conseguentemente di grande aiuto per i traduttori: per esempio, se vogliamo dire “Cross con effetto a rientrare dalla fascia destra sul primo palo” nella lingua teutonica ce sta ‘na parola sola, per la gioia di Renatozzero, quindi figuriamoci se in una lingua così ricca e lungimirante non c’è un termine che corrisponda al nostro “parassita”. Lo strano, però, è che ci pigliavano in giro anche dopo che l’Italia aveva battuto in amichevole i loro beniamini per 4 a 1: il Bild aveva infatti pubblicato un meschino decalogo per diventare come noi e alcuni giornali italiani, giustamente piccati, l’avevano tradotto per poi metterlo in ridicolo con una sfilza di commenti risentiti, citando Goethe a spron battuto; ora che la nazionale azzurra si distingue per le sue prestazioni scialbuzze contro avversari fermi per non dire inesistenti – a parte gli Stati Uniti – i tedeschi ci danno di nuovo il pilotto tirando in pista i soliti paisà e i mandolini di meroliana memoria. Ergo, guagliò, facimm ‘na bella cosa: passiamo inosservati, così non ci facciamo riconoscere. Il pallone (e qui mi rivolgo anche ai regazzini che giocano in cortile) non scagliatelo in rete con violenza, ma non limitatevi neppure a passarlo indietro al terzino, altrimenti gli avversari avrebbero la trista impressione che stiate melinando. Tirate moderatamente, magari avvisando prima il portiere, e non cercate i goal di rapina. Con la fama di mariuoli che ci ritroviamo…

Mario Kraus

lunedì 3 luglio 2006

Qantas Airlines

Dopo ogni volo, i piloti della Qantas riempiono un modulo, chiamato foglio delle lamentele, che riporta ai meccanici i problemi incontrati dall'aereo durante il volo che necessitano una riparazione o una correzione. Gli ingegneri leggono e correggono il problema, poi rispondono, scrivendo nella metà inferiore del modulo, che rimedio è stato adottato, e il pilota rilegge il foglio prima del volo successivo. Non sia mai detto che il personale di terra e gli ingegneri manchino di senso dell'umorismo. Qui sono riportate alcune lamentele realmente registrate, come effettivamente riportate dai piloti Qantas, e le soluzioni in risposta degli ingegneri della manutenzione. C'è da dire che la Qantas è l'unica compagnia aerea tra le maggiori che non ha mai avuto un incidente (finora; e adesso, in coro, grattiamoci a pelle).
(P = problema sottoposto dal pilota)
(S = soluzione ed azione adottate dagli ingegneri)

P: Il pneumatico interno sinistro principale richiede quasi la sostituzione.
S: Pneumatico interno sinistro principale quasi sostituito.

P: Volo di prova ok, eccetto auto-atterraggio molto ruvido.
S: Auto-atterraggio non installato sul velivolo.

P: Qualcosa di allentato in cabina.
S: Stretto qualcosa in cabina.

P: Il pilota automatico, in modalità mantieni-altitudine, produce una discesa di 200 piedi al minuto.
S: Impossibile riprodurre il problema a terra.

P: Segni di perdite nel carrello principale di destra.
S: Segni rimossi.

P: Volume del DME incredibilmente alto.
S: Volume del DME settato a livelli più credibili.

P: I blocchi a frizione fanno attaccare le manette del gas.
S: E' per quello che stanno lì.

P: IFF non operativo.
S: IFF mai operativo in modalità OFF.

P: Sospetta crepa nel vetro.
S: Sospetto che hai ragione.

P: Motore numero 3 mancante.
S: Motore trovato sotto l'ala destra dopo una breve ricerca.

P: Il velivolo si comporta in maniera strana.
S: Avvertito il velivolo di rigare dritto, volare normalmente, ed essere serio.

P: Il radar mugugna.
S: Radar riprogrammato con spartiti.

P: Topo in cabina.
S: Installato gatto.

L'Ecuador Mi Fece Tenerezza

Davanti al maxischermo si sono viste anche tifoserie sparute. Quelle dei portoghesi, degli olandesi ad esempio. La più piccola, però, era quella americana, costituita da un solo individuo che era lì di passaggio in piazza Solferino durante il giorno di Italia - USA. Si è capito per chi tifava perché s'era portato appresso una bandiera a stelle e strisce, e naturalmente non appena l'hanno visto, si son messi subito a fischiarlo e a dirgliene di tutte. Spero che, dopo la partita, abbia riso di cuore, ben più del brasiliano che irride gli avversari quando sbagliano. "Tem muito Brasil em Turim": c'è tanto Brasile a Torino, ma di Ecuador ce n'è ancora di più. E in questa rassegnetta l'Ecuador merita un capitolo a parte. I suoi tifosi hanno gremito il palco davanti al maxischermo e hanno tifato senza sosta per la loro squadra, anche dopo essersi presi l'ingiusto goal di Beckham che l'ha eliminata (ed è questo che fa grande una tifoseria: sostenere i propri giocatori anche quando le cose vanno male). Nel vedere questi tifosi chiassosi e simpatici ammainare le bandiere e lasciare Piazza Solferino in preda allo sconforto, dopo tanta illusione, mi son sentito un po' ecuadoregno anch'io. Quella sera a Torino c'era il sole, ma se avesse diluviato l'acqua caduta non avrebbe eguagliato in quantità le lacrime di questa buona gente che ha abbandonato le improvvisate tribune in silenzio, gentilmente, senza strepito alcuno, quasi con dolcezza, mentre i tronfi inglesi, che non s'erano neppure visti durante l'incontro, eran saltati fuori da chissà dove berciando e strombazzando con i loro claxon, manco avessero battuto il Brasile. Resta qualche lampo. Piccolo, ma delizioso nella sua semplicità. Ricorderò a lungo quel tifoso che, durante Ecuador - Costarica, gridava entusiasta "Ecuador es mi paìs" e aggiungeva in italiano, quasi scusandosi, "senza Moreno, senza Moreno"; la ragazza che, quando i suoi giocatori sbagliavano un passaggio, diceva "miercoles" per non dire un'altra parola e non passar da maleducata; infine, il bellissimo coro "Quien no salta es maricòn" (chi non salta è ricchione) proprio in questi giorni infausti in cui a Torino si teneva il gay pride. Grandi ecuadoregni. Senza Moreno, d'accordo: ma grandi.

Mario Kraus