Che il gioco dell’Italia e gli avversari della medesima non siano particolarmente esaltanti e non mandino in visibilio le folle – salvo quelle nostrane, che a Torino son riuscite a festeggiare persino dopo il pari con gli Stati Uniti – mi sembra chiaro, inutile dilungarsi sull’argomento. Meno chiaro, invece, il motivo per cui i tedeschi dello Spiegel ci abbiano dato di parassiti prendendo spunto dalle partite della nazionale suddetta: che ci azzecchiamo noi? Del resto non c’è possibilità di equivoco, il tedesco è una lingua precisa e conseguentemente di grande aiuto per i traduttori: per esempio, se vogliamo dire “Cross con effetto a rientrare dalla fascia destra sul primo palo” nella lingua teutonica ce sta ‘na parola sola, per la gioia di Renatozzero, quindi figuriamoci se in una lingua così ricca e lungimirante non c’è un termine che corrisponda al nostro “parassita”. Lo strano, però, è che ci pigliavano in giro anche dopo che l’Italia aveva battuto in amichevole i loro beniamini per 4 a 1: il Bild aveva infatti pubblicato un meschino decalogo per diventare come noi e alcuni giornali italiani, giustamente piccati, l’avevano tradotto per poi metterlo in ridicolo con una sfilza di commenti risentiti, citando Goethe a spron battuto; ora che la nazionale azzurra si distingue per le sue prestazioni scialbuzze contro avversari fermi per non dire inesistenti – a parte gli Stati Uniti – i tedeschi ci danno di nuovo il pilotto tirando in pista i soliti paisà e i mandolini di meroliana memoria. Ergo, guagliò, facimm ‘na bella cosa: passiamo inosservati, così non ci facciamo riconoscere. Il pallone (e qui mi rivolgo anche ai regazzini che giocano in cortile) non scagliatelo in rete con violenza, ma non limitatevi neppure a passarlo indietro al terzino, altrimenti gli avversari avrebbero la trista impressione che stiate melinando. Tirate moderatamente, magari avvisando prima il portiere, e non cercate i goal di rapina. Con la fama di mariuoli che ci ritroviamo…
Mario Kraus
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