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venerdì 4 marzo 2011

Intellettuale sì, ma fino a un certo punto

Avvertenza: oggi parlerò come gli intellettuali, se non altro per via del preambolo d'intonazione socio-filosofica che s'intreccia poi quasi impercettibilmente col resto. Partiamo:

Una catena di paradossi è la vita, e il fatto di volerla ad ogni costo affrontare razionalmente spiega forse il nostro puntuale insuccesso in questo intento. Oggi, sentendomi stranamente tranquillo nonostante si parlasse di estetica e a un certo punto i miei colleghi d’ufficio l’avessero improvvisamente mischiata con la politica, mi è parso di cogliere un intrico di contraddizioni quando mi sono opposto all’ammirazione per la strafica o per il fico di turno invocando a mio sostegno i guasti causati dalla Società dell’Immagine e il mio affetto per l’abbagliante normalità e la non aurea mediocrità delle donne qualunque che mi rende automaticamente una persona anomala, passando com’è naturale per la comprensione nei confronti di chi, svantaggiato da madre natura, s’è visto assegnare un corpo sgraziato come il Leopardi, che pure aveva anima e diritto d’essere amato anche più di noi.
E qui salta tutto il castello: i collegozzi mi sono amichevolmente saltati addosso non appena ho nominato la Società dell’Immagine. Asserivano che l’ha impiantata il Berlusca, il quale ha peggiorato tutti noi con il suo culto della topa imperante. Sorprendentemente l’affermazione non mi ha scosso più di tanto: non mi pareva, ho risposto comodo, che la gente si fosse ritratta inorridita dalle trasmissioni berlusconiane dei primi anni ’90, rifiutandosi sdegnata di seguirle, né che la Rai avesse continuato a fargli concorrenza senza cambiare un punto del palinsesto, lasciando ovvero il film impegnato al lunedì, il balletto classico al martedì, il concerto di musica classica al mercoledì, e il tutto in quell’orario che oggi chiameremmo “prima serata”. Ed ero infine disposto a scommettere che ai miei colleghi piacesse la bellezza esteriore anche prima degli anni ‘90, anni in cui – a loro dire - la controffensiva berlusconiana contro la normalità e la dignità prese corpo.
Poi, visto che tanto fa tendenza oltre che comodo, ho citato il Vangelo (senza dire che però il testo era quello) dicendo che non è quello ch’entra nell’uomo a contaminarlo, bensì quel che ne esce. Avrei potuto aggiungere che questa frase non l’aveva detta uno qualunque, bensì il primo rivoluzionario comunista, marxista e leninista, come loro s’ostinano a definire Cristo, ma come ho detto prima per inciso ho preferito non specificarlo.
Se poi davvero il Berlusca è quel terribile dittatore che dicono, ci resta sempre la libertà di non guardare la tv o di optare per canali più decenti come Iris o Rai Cinque, cullati dalla bella voce di Daverio o dalla navigazione in Internet. E proprio io, che sono il più berlusconiano di tutti (ehm, l’unico) in quell’ufficio, sono poi quello che la tv la guarda di meno, saltando a piè pari Sanremi e varietà assortiti – o come vogliono chiamarli adesso -, mentre gli altri che sono irrimediabilmente spostati a sinistra santificano il successo e l’apparenza parlando di “fico della Madonna” a tutto pasto.
Mario Kraus