11 settembre, commemorazione dell’attentato alle Twin Towers sul TG1 delle 20. Si apre raccontando di una manifestazione di protesta contro l’amministrazione Bush. Si prosegue intervistando due sciacquette che, almeno nella traduzione dell’inviato, lamentano di non potersi portare a bordo degli aerei i loro zainetti concludendo: “Siamo più liberi di prima?” E poi via con il consueto stucchevole défilé dei vari Mortadella, Fassino, Pecoraro, Bertinotti, Rizzo, Rutelli, tutti allineati e coperti nella condanna del terrorismo, cui rinnovano fierissima contrapposizione e indefettibili propositi di lotta. Al terrorismo. Non ai terroristi. Cui invece continuano a fornire approdi sicuri, assistenza in mare e a terra, tolleranza senza limiti e leggi compiacenti che giustificano sentenze assurde e suicide. Cui forniscono pure, ed è forse la faccenda più grave, un asfissiante supporto ideologico principalmente veicolato dalla TV pubblica, dove d’altro non si parla ormai che d’integrazione e con qualunque pretesto, dai servizi sull’apertura delle scuole alle varie fiction ai commenti sportivi. Per cui il terrorismo e i terroristi a parole esecrati sono pure categorie astratte, mai qualificate, e sì che oggi non sarebbe difficile, perché sulla piazza c’è un solo terrorismo internazionale: quello islamico. Sarà forse per questo che i nostri sinistri governanti non specificano mai di quale terrorismo parlino: non ce n’è infatti bisogno. Ma non vi pare alquanto ipocrita commemorare l’11 settembre esecrando gli assassini islamici e detestando gli americani, perché se l’amico del mio nemico è mio nemico, non sarà che il nemico del mio nemico è mio amico?
Luigi Kraus
Lore ma possibile che per ascoltare una voce fuori dal coro devo sempre intervenire io su questo benedetto blog? Ma li arruoli tutti fra le fila della Casa (circondariale) delle (il)Libertà? ;-P (senza offesa, si scherza, eh!)
RispondiEliminaComunque è vero: il terrorismo islamico esiste. Cosa vuoi che ne capiscano questi stravaganti governanti di sinistra che osano predicare i precetti coranico-fondamentalisti dell'"equi-vicinanza", del "dialogo" e della "via diplomatica" laddove i nostri fidi alleati americani e israeliani (sia fatta la loro volontà, nei secoli dei secoli, amen) hanno ormai da tempo trovato il bandolo della matassa, in quella summa di nobili ideali che è il concetto di "guerra preventiva"? Non è forse vero che, col minimo prezzo e il minimo sforzo, Al Qaida è stata debellata e i video dello zio Osama (o zio o-Sam-a se preferite vista la "vicinanza" del passato fra i due zii, in questo caso senza "equi") non ci turbano più all'ora di cena, rovinandoci la digestione? E chi con un minimo di onestà, negherebbe che l'intervento (dis)umanitario in Iraq ha creato una fiorente democrazia, fiore all'occhiello di una regione ormai pacificata? Sarebbe poi assolutamente di parte non riconoscere che Israele è riuscito a disarmare Hezbollah in modo repentino ed efficace, senza torcere un capello, neppure a un civile libanese. Sì, certo, qualche "effetto collaterale" c'è stato, un po'di fosforo bianco qui, qualche bomba a grappolo lì, i parchi giochi di Guantamano e Abu Grahib, 1.000 ammazzati qui, 30.000 massacrati lì...ma a noi che ce ne frega? Dinanzi a siffatti successi della sacrosanta lotta al terrorismo, siamo disposti a chiudere un occhio, anzi due e se serve pure tre. In fondo, diciamoci la verità: che serve parlare di "integrazione", di "dialogo inter-culturale" e insulsaggini analoghe, quando la soluzione al problema dell'immigrazione la suggerì con commovente schiettezza un rimpianto ministro del vecchio Governo (Che tempi! Quando i treni passavano in orario..), tal Calderoli (sì, proprio lui, quello che si puliva il c**o col tricolore e vorrebbe distribuire l'atomica come l'acqua santa): mandiamo la flotta a Lampedusa e cannoneggiamo le bagnarole cariche di terroristi in incognito! Ecco la corretta via alla (dis)integrazione del diverso e la soluzione al problema spinoso della purezza dell'italica razza.
Chiudo mettendo da parte l'ironia e tornando per un momento serio: il terrorismo, a prescindere da dove nasca e chi lo manovri, è qualcosa che fa paura a tutti noi, si sa. La paura annebbia la ragione, anche questo si sa. E il sonno della ragione genera mostri. La conclusione traetela voi.
Lore ma possibile che per ascoltare una voce fuori dal coro devo sempre intervenire io su questo benedetto blog? Ma li arruoli tutti fra le fila della Casa (circondariale) delle (il)Libertà? ;-P (senza offesa, si scherza, eh!)
RispondiEliminaQui non si arruola proprio nessuno. Mi pare che sull'intestazione del blog ci sia stato scritto per tanto tempo: "Vuoi inviarci un articolo? etc etc.".
Qui si pubblicano post di vario genere, si scrivono pensieri e pareri ma lungi dal voler rendere questo blog ripetitore di battute ed invettive a senso unico. E' vero, ultimamente si scherza più sulla sinistra che sulla destra. Beh, onori ed oneri del potere. Non si può essere maggioranza e pensare di raggiungere livelli di perfezione tali da non beccarsi una critica o sbeffeggiamento. Troppo comodo. Sarà forse che in Italia siamo troppo abituati a prendere in giro sempre e solo il Berlusca? ;-)
Per sentire una voce fuori dal coro devi intervenire tu!!! Ma magari intervenissi di più! Qui sei sempre ben accetto.
E’ verissimo, me lo sono chiesto molte volte anch’io come Jeanluke: ma cosa credono di fare, ma chi credono di essere questi Americani?
RispondiEliminaSe fossero un poco più discreti, se non mettessero sempre il naso in faccende che, infine, non li riguardano, gran parte degli attuali problemi che affliggono il mondo non esisterebbero. Ce ne sarebbero sicuramente altri, perché si sa che l’uomo, anche se permeato delle migliori intenzioni e paludato nella bandiera arcobaleno non fa altro, da circa un milione di anni, che cercare rogna; ma tant’è, almeno i problemi sarebbero diversi, e un poco di fantasia (sessantotto docet) non guasta.
E invece tutto come sempre, maledetti Yankees. Pensate: se cinquant’anni fa si fossero fatti i fatti loro, invece di infognarsi nelle faccende interne dell’Europa – proprio vero, il lupo perde il pelo ma non il vizio- il nostro colto e smaliziato continente sarebbe stato equamente diviso tra due galantuomini che sulle faccende ebraiche, omosessuali, politiche, libertarie e religiose avevano idee chiarissime e risolutive, e nessuno può negare che fintanto che ne hanno avuto la facoltà hanno dato ampia prova di saper tradurre le idee in fatti concreti. Li avessero lasciati fare non avremmo avuto il problema dell’esistenza di Israele, del terrorismo islamico, dei disastrosi governi dell’innominabile Cavaliere (avete presente le torme di italiani affamati che alla quarta settimana del mese chiedevano l’elemosina per poter rientrare dall’ultimo fine settimana al mare?) avremmo risolto i problemi di occupazione con massicci arruolamenti militari e non dovremmo importare continuamente mano d’opera clandestina a basso costo perché le multinazionali Lager spa e Gulag coop avrebbero provveduto alla grande con risorse autoctone.
E invece per colpa dell’intromissione USA siamo invischiati fino al collo in questa palude, dalla quale per fortuna ha cercato di trarci lo zio Laden e ora ci prova il cugino Ahmadinejad.
Ma mi sa che lo scarso sense of humour dello zio Sam, che non ha apprezzato la fine ironia di un paio di grattacieli abbattuti da aerei propri (prego notare la sottigliezza orientale dello scherzo) e l’arroganza di questi ebrei antiprogressisti che non gradiscono gli esperimenti di posta aerea via Katiuscia fatti da Hezbollah sui cieli di Galilea finiranno di precipitarci nel solito marasma.
Sempre che il cugino Ahmadinejad non ci soccorra in tempo.
Luigi Kraus
Caro Luigi(mi permetto di darti del tu, spero non ti offenda), è evidente che abbiamo visioni del mondo talmente antitetiche e contrapposte che trovare una base comune per dialogare è impresa ardua. Ma perchè non provarci?
RispondiEliminaL'intervento americano nella seconda guerra mondiale è stata la fortuna del mondo occidentale. Perchè negarlo? Non sarei onesto e l'onesta intellettuale è la mia bandiera. E'verissimo quello che dici: l'alternativa rappresentata da baffetto e baffone non era la più rosea e la storia parla chiaro. Ma tu fai un errore senza accorgertene: confondi la causa con l'effetto.
Chiunque abbia una visione un pochino smaliziata e realistica della storia (basta aver studiato suvvia!) sa che se una potenza decide di entrare in un conflitto di quella portata, con quei costi umani e materiali, lo fa per calcolo economico-politico: nessuno dà niente per niente, non prendiamoci in giro, siamo persone serie.
Gli Stati Uniti avevano interessi, tutto qua: colossali investimenti in Europa che rischiavano di andare in fumo, il timore di dover fronteggiare un domani una superpotenza particolarmente aggressiva e pericolosa, interessi territoriali (perchè non dimentichiamo che si decisero ad intervenire quando i giapponesi iniziarono a infastidirli nel loro cortile) e così via. Intervennero per tutelare questi interessi e questa è la causa. Tutto quello che hai descritto tu è l'effetto. Positivo (nel complesso) per carità, ma pur sempre l'effetto, non il fine.
Alla favola degli americani (o chicchessia) che esportano la democrazie per spiccato filantropismo e che bombardano qua e là per commovente generosità penso di aver smesso di credere appena l'età mi ha portato un briciolo di giudizio. E d'altra parte, fossi in te, lo chiederei ai cileni, tanto per fare un esempio, se avrebbero preferito o no che gli Stati Uniti si facessero i fatti loro quell'11 settembre (buffa la data, no?) del 1973. In quel caso la causa era della stessa natura, quello che cambiò fu l'effetto.
Bene. Penso sia chiaro quindi che ha senso discutere esclusivamete degli effetti. Le ragioni con cui si bombardano l'Iraq, l'Afghanistan il Libano e domani (chissà) l'Iran, con gli ideali e i buoni propositi non hanno nulla a che vedere. Lo ripeto ancora una volta e prego tutti di non offendere la mia intelligenza che già viene ripetutamente martoriata dalla visione quotidiana di pseudo-tiggì e reality show. Degli effetti si può discutere e io la mia la butto là: in Afghanistan il controllo del territorio è oggi in mano ai Signori della Guerra, l'economia è distrutta, la prostituzione è il traffico di oppio sono cresciuti esponenzialmente, ma non la libertà, tanto per dirne una. In Iraq ci sono 40000 tombe in più (queste dove le mettiamo nei tuoi discorsi sui massimi sistemi, Luigi mio?), un caos mai visto, una fucina di terroristi e kamikaze. In Libano Hezbollah è politicamente più forte di prima, ora che ha dimostrato di saper tenere testa all'esercito più fornito del medio-oriente.
Questi sono gli effetti. E la cosa buffa sai qual è? Che il temutissimo Bin Laden , dopo 5 anni, continua a scorrazzare libero un po' dove gli pare e a mandare i suoi buoni propositi per l'anno nuovo sulle tivvù di mezzo mondo. E la risoluzione della questione palestinese, l'unica vera possibile svolta nel caos medio-orientale, non interessa affatto agli americani, che non se ne curano e se possono neppure la nominano. Guai a toccare gli interessi territoriali dell'amico sionista, è sacrilegio. Nel 1948 fu presa la folle decisione di creare dal nulla lo Stato d'Israele dove non c'erano le condizioni per farlo. E fu presa la decisione di creare uno Stato Palestinese. Dov'è? Tu lo vedi? Magari chiedi questo ai tuoi amici americani... :-)
Egregio Jeanluke, mi dia pure del tu, non mi turba affatto. Mi risparmi però il Luigi “mio”: che vuole, sono pregno di idiosincrasie borghesi e mi considero solo mio, o al massimo di chi mi ama, e non credo sinceramente Lei appartenga a tal novero.
RispondiEliminaDevo dire che mi sento imbarazzato a discettare con Lei che ha studiato, per cui mi perdonerà se non ribatto argomento per argomento alla sua torrenziale esposizione di fatti e certezze, ma capirà che non ambisco a fare figure da cioccolatiere; per cui mi limiterò a sproloquiare qua e là, dove la mia ignoranza rivela qualche lacuna.
Pur non essendo eccessivamente furbo ne’ informato –non pasco ahimè né di Repubblica, né dell’Unità o Manifesto-, non mi ritengo purtuttavia così sprovveduto da credere che una grande Potenza, ma neppur San Marino, si faccia carico di ingenti sforzi economici e versi il sangue dei suoi soldati per puro idealismo; resta comunque il fatto che se, putacaso, il mio palazzo andasse a fuoco e un tizio che ci abita si adoprasse per spegnere l’incendio, io non eccepisco che lo faccia anche, e forse soprattutto, nel proprio interesse: lo ringrazio invece perché, sia pur perseguendo il proprio interesse, ha difeso anche il mio.
Neppure alle elementari –non che io sia andato poi tanto più in là –ho creduto che Roma abbia fatto le sue conquiste nel filantropico intento di esportare i monumenta del suo diritto e la sua scienza architettonica ed idraulica ai barbari ignoranti, ma ciò non toglie che i discendenti di quei barbari siano ad essa ancora riconoscenti, forse perché sono passati duemila anni, e al suo retaggio ancora abbondantemente attingano.
Naturalmente i Romani non scontano il peccato imperdonabile di aver impedito ai popoli occidentali d’Europa di godere dei benefici del Socialismo Reale, mentre gli Americani sono gravati di questo abominevole fardello che rende abbietta e inescusabile qualsiasi cosa facciano o non facciano; che dico? la loro esistenza stessa.
Ricordate i bei tempi in cui bombe, cannoneggiamenti e ammazzatine assortite erano il menù quotidiano che allietava la vita delle Repubbliche dell’ex Jugoslavia? Era tutto un mugugnare: ma perché gli USA non intervengono? Aspettano che si massacrino tutti? Ricordate gli albanesi deportati da Milosevic? Ma l’America che fa? Se ne frega perché lì non c’è il petrolio!
Gli USA alfine intervennero, e rispedirono al mittente un po’ dell’armamentario che aveva così generosamente distribuito ai confinanti; e allora il coro intonò che, diamine, va bene intervenire, ma quello non è mica il modo. Certo, il modo giusto era stato quello della marcia della pace in Bosnia promossa da belle anime nostrane, che non trovando sul posto fiori da mettere nei cannoni, ma i cannoni sì, e con tanto di proiettili, ritornarono alla base più veloci dei proiettili stessi; e le ammazzatine quotidiane continuarono allegramente e senza alcun rispetto per le buone intenzioni.
Ma l’Iraq il petrolio ce l’ha, eccome; e allora cosa ti pensa quel diavolo di Bush per convincere i suoi elettori, che sono notoriamente scemi e credono che quella porcheria nera serva solo ad accendere le lampade, che poi non si usano più da un secolo, ad andarselo a prendere? di far crollare un paio di grattacieli a NY, e di far fuori 2-3000 persone in un colpo solo.
Questo hanno argomentato menti fini assai –e forse un po’ sinistre-, ovviamente senza uno straccio di prova, ma perbacco! solo i gonzi possono credere a quello che raccontano i giornali, che poi sono tutti del Cavaliere: Corsera, La Stampa, Repubblica, Messaggero, e via discorrendo.
In effetti è risaputo che Giuseppone spedì a far vacanza in Siberia una ventina di milioni di compagni russi al solo scopo di dimostrare al mondo che schifezza fosse il comunismo, essendo notorio che in realtà il buon Vissarionovic era un perfido agente del capitalismo; e per la stessa ragione deportò 4 milioni di Kulaki condannandoli a morire di fame, e ha scatenato rinomate purghe essendo vergognosamente colluso coi produttori del Guttalax.
Purtroppo la Storia, come sa chi ha studiato un pochino -quindi non io, of course- ha il difetto di non essere una scienza esatta, ma di riverberare le opinioni di chi ne scrive, quand’egli non ne scriva esplicitamente per crearle, le opinioni: tanto le fonti, se e quando ci sono, chi va a controllarle? Penso sia alquanto difficile far collimare le conclusioni di uno storico idealista con quelle di uno marxista, il che non significa ovviamente che si possa tacciare l’uno o l’altro di ignoranza, e forse neppur di malafede, quando essa non sia palese. Il massimo che può fare il profano è tentare una sintesi e non abbeverarsi ad una sola fonte -timeo lectorem unius libri-, avvalendosi di umiltà e robusto buon senso.
Quello stesso buon senso che dovrebbe soccorrere quando si discetta dell’inopportuna scelta della Palestina per installarvi uno Stato ebraico: se non erro, di lì gli Ebrei venivano quando ne furono cacciati dopo le distruzioni di Gerusalemme da parte di Tito prima (70dc) e Adriano poi (135dc) per essere dispersi per il mondo; senza però mai dimenticare la patria sì bella e perduta né perdere la speranza di tornarvi; come Lei saprà, il brindisi di Rosh haShana degli Ebrei della diaspora era “Quest’anno qui, il prossimo a Gerusalemme”.
Dove dunque avrebbero dovuto andare coloro che non passarono per il camino dei lager o sopravvissero ai simpatici pogrom organizzati nell’Europa dell’est, se non a casa propria, nella terra dei loro padri?
Come Lei avrà intuito, non sono propriamente un progressista, per cui non apprezzo solo l’Ebreo morto, politicamente utile in chiave antifascista, ma preferisco di gran lunga l’Ebreo vivo, che riscuote tutta la mia simpatia nella sua quotidiana dura lotta per sopravvivere e difendere la sua Patria, ovvero la terra dei Padri, fragile ma coriaceo avamposto della civiltà occidentale sempre sul punto di essere soverchiato dai preponderanti flutti della marea islamica.
Luigi Kraus
Caro Luigi (bandito il "mio" che ti disturbava, conservo il "caro" sperando che ciò non urti ulteriormente quelle che hai simpaticamente definito "idiosincrasie borghesi"...) sono lieto che hai cortesemente accettato il "tu", ma perchè non fai altrettanto e deponi quel "lei", anzi "Lei" addirittura, che mi rivolgi? Spero non sia per sottolineare ulteriormante la tua risentita diversità da chi, come me, legge il Manifesto e Liberazione, accecato dall'ideologia rimpiange i bei tempi dei compagni che sì sbagliavano, ma erano pur sempre compagni e non perde occasione per manifestare il proprio acritico implacabile odio viscerale per tutto ciò che è a stelle e strisce.
RispondiEliminaPerchè, correggimi se sbaglio, mi sembra che è questo il tipo di interlocutore che tu immagini di aver dinanzi, da certi riferimenti e certe argomentazioni che mi è parso di scorgere nei tuoi altrettanto torrenziali interventi, altrettanto ricchi di fatti e "certezze". Dai, sii sincero: non avresti preferito fosse così davvero? Sarebbe stato tutto più facile, lo so. Non c'è modo più efficace di disinnescare alcune delle tue più acute osservazioni semplicemente ammettendo che sì, hai proprio ragione. Anzi ti dico di più: che hai in buona parte avvolarato il mio ragionamento sulla distinzione fra le cause e gli effetti degli eventi storici (spesso maldestramente confusi), laddove citi il brillante esempio dell'Impero Romano. Anche se mi permetto una riserva: non credo che i morti ammazzati, i ridotti in schiavitù, i privati delle proprie case e delle proprie donne nell'avanzare sicuro dell'Impero, sarebbero così propensi a ringraziere gli zelanti romani di aver portato loro l'inestimabile ricchezza di un profondo sapere achitettonico ed idraulico. Così come non credo, ma certo sbaglierò, che gli abitanti di Amburgo o Dresda (Ops, un lapsus mi suggeriva Falluja..), Hiroshima o Nagasaki sarebbero ansiosi di stringere colorosamente la mano dei loro "liberatori". E mi permetto di dubitare che gli Indios e gli Apache farebbero a gara per ringraziare chi nelle loro terre selvagge ha esportato una civiltà moderna e superiore.
La storia, caro Luigi, la scrivono i vincitori, non i vinti, e questa è forse la distorsione più grande, al di là delle idee più o meno politicizzate e ideologicamente indirizzate del singolo studioso.
Mi dispiace, e sono sincero, che hai evaso l'oppurtunità di confronto che ti offrivo sul terreno di una discussione su ciò che la recente politica made in USA ha prodotto in Medio Oriente, accantonando per un momento lo sterile dibattito sul perchè e sul per come un gruppetto di potenti si siedano intorno a un tavolo per una bella partitina a Risiko. Hai preferito ricordare le triste vicende del Kosovo, dove pure le Nazionite Unite intervennero (dispensando fra l'altro generosamente uranio impoverito) per umanità esattamente come hanno massiciamente ed efficaciemete fatto in Cecenia, Ruanda e Darfur, dato che si sa, sono un po'come superman, dovunque c'è bisogno di difendere i poveri e gli oppressi sono sempre in prima linea.
Per quanto riguara la vicenda "11 settembre", mi scuso, ma sarò io stavolta a non darti corda. Il rispetto profondo per le vettime di qual giorno (e di tutte le vittime che ne sono seguite, rispetto che manca a molti di quelli che parlano e straparlano di guerre e interventi militari, quasi fosse un videogioco) mi impone di scegliere l'unica via possibile, per ora, dinanzi a molti dubbi, ma ben poche certezze: un doloroso silenzio, in attesa che la verità, qualunque sia, venga chiarita una volta per tutte.
Laddove invece resto alquanto interdetto è nel leggere che la giustificazione di creare lo Stato d'Israele nella terra di altri sarebbe che da lì gli ebrei provenivano, prima di venirne cacciati dai romani di cui sopra si cantavano le lodi, all'incirca 2000 anni fa. Secondo questo ragionamento singolare, da un giorno all'altro si dovrebbero mandare tutti gli abitanti, chessò, del Nevada, in qualche campo profughi ben attrezzato per far posto ad un novello Stato Apache. Mi perdonerai se mi accaloro, ma non vorrei dover cedere le chiavi della mia adorata casetta, frutto invero di tanti sacrifici, e partire per altri lidi in cerca di fortuna, per via delle sacrosante rivendicazioni irredentiste di un giovane discendente degli Etruschi o dei Latini.
Sono peraltro d'accordo con te, quando sostieni che nel discettare della cosiddetta "questione palestinese" occorra usare buonsenso. Mettiamo allora da parte giustificazioni fantasiose alle ragioni del sionismo e facciamo insieme un po'di chiarezza.
Se non erro furono gli inglesi, amministratori della regione dopo la I guerra mondiale, a promettere agli arabi l'autonomia e l'indipendenza di un futuro stato palestinese in cambio dell'appoggio anti-ottomano (ricordi Lawrence d'Arabia?), salvo poi rimangiarsi la parola data e decidere di piazzarci invece lo Stato d'Israele? (anche in questo caso naturalmente sono senza interessi di varia natura). Tuttavia le cose non dovevano essere così facili e la confisca delle terre palestinesi probabilmente non veniva considerata sufficientemente rapida ed efficace dato che i buontemponi dell'Irgun e della Banda Stern (feroci movimenti terroristici sionisti, per chi non lo sapesse) finirono per prendersela (oltre a massacrare centinaia di arabo-palestinesi naturalmente) con gli stessi inglesi! Ricordi i 91 morti dell'attentato al King David Hotel? E le bombe all'ambasciata britannica a Roma, vicino Porta Pia? No, probabilmente non le ricordi, perchè come hai scritto in un precedente commento, il terrorismo è solo musulmano e rientra solo nella visione filosofica-religiosa dell'Islam, mentre gli israeliani sono l'"avamposto della civiltà occidentale" e bla, bla, bla. E ti vorrei far notare che i sionisti potevano brindare a quello che più preferivano, ma ciò non toglie che Gerusalemme è sacra e appartiene all'Islam quanto alla religione ebraica (e a quella cristiana). Tant o che la notissima risoluzione Onu 181 prevedeva uno Stato d'Israele, uno Stato Palestinese e una zona comprendente Gerusalemme sotto l'egida Onu. Oggi, ribadisco quanto già scritto in precednzaa, esiste solo il primo ed è molto più esteso di quanto fosse previsto, in virtù delle numerose annessioni territoriali maturate negli ultimi 50 anni di continui conflitti. Logico che si parli esclusivamente di auto-difesa di Israele: auto-difendere qualcosa che neppure esiste è impresa ardua.
Fidati Luigi, anche a me gli ebrei vivi sono molto più simpatici degli ebri morti, ma solo quelli illuminati. Quelli alla Golda Meier, secondo cui "i palestinesi non esistono" e lo Stato d'Israele ha nell'origine divina la propria legittimazione, non esito a considerarli pericolosi integralisti religiosi, altro termine che negli ultimi tempi sembra potersi riferire solo alla controparte islamica, pena l'etichetta alquanto odiosa di anti-semita.
Riporto un articolo tratto da Ha'aretz (e riportato sul numero attualmente in edicola di Internazionale) il cui l'autore è Gideon Levy. NOTA: sia il giornale che il giornalista sono ISRAELIANI
RispondiElimina"Gaza è stata occupata di nuovo. Il mondo deve saperlo, e devono saperlo anche gli israeliani. Gaza si trova oggi nelle condizioni peggiori della sua storia. Dopo il sequestro di Gilad Shalit, il militare rapito il 25 giugno, e ancor più dopo lo scoppio della guerra in Libano, l'esercito israeliano infuria non c'è altro modo di esprimersi - da un capo all'altro della Striscia demolendo, uccidendo e bombardando indiscriminatamente. Nessuno pensa d'istituire una commissione d'inchiesta: la questione non è neppure all'ordine del giorno. Nessuno chiede perché si sta facendo tutto questo né chi lo ha deciso.
Ma dietro la cortina di fumo creata dalla guerra in Libano, a Gaza l'esercito israeliano è tornato ai vecchi metodi, come se il disimpegno non fosse mai avvenuto. E allora diciamolo apertamente: il ritiro da Gaza è morto e sepolto. A parte gli insediamenti ridotti a cumuli di macerie, non resta nulla delle sue promesse.
Promesse e bugie
Come sembrano false, adesso, tutte le incredibili sciocchezze che si sono dette sulla "fine dell’occupazione" e sulla "spartizione della terra”! Gaza è occupata, e con maggiore brutalità di prima. Il fatto che per l'occupante sia più comodo controllarla dall'esterno non ha nulla a che vedere con le intollerabili condizioni di vita degli occupati.
Oggi in molte zone della Striscia, non c’è l’elettricità. Israele ha bombardato l’unica centrale elettrica e almeno per un anno a Gaza mancherà il 50 per cento del suo fabbisogno.
L’acqua scarseggia sempre di più: dal momento che manca la corrente, rifornire d’acqua le abitazioni è praticamente impossibile. Gaza è più sporca che mai: a causa dell’embargo imposto da Israele e dal resto del mondo sull’Autorità Nazionale Palestinese democraticamente eletta, non vengono pagati gli stipendi e gli spazzini sono in sciopero da settimane. Cumuli d’immondizia e ondate di tanfo nauseante soffocano la fascia costiera, trasformandola in una nuova Calcutta.
Inoltre Gaza è più che mai un carcere. Il valico di Erez è deserto; il lavico di Karni negli ultimi due mesi è rimasto aperto solo pochi giorni e lo stesso vale per il valico di Rafah.
Circa 15mila persone hanno atteso due mesi di poter entrare in Egitto, altre stanno ancora aspettando, e tra loro ci sono numerosi malati e feriti. Cinquemila persone hanno atteso dall'altra parte del valico di poter tornare alle loro case. Alcune sono morte.
Bisogna vedere con i propri occhi le scene che si svolgono a Rafah per capire la gravità della tragedia in corso. Un valico dove in teoria non doveva più esserci nessun israeliano continua a rappresentare lo strumento con cui Israele tiene sotto pressione un milione e mezzo di abitanti. E’ un caso vergognoso e sconvolgente di punizione collettiva. Di questa situazione sono responsabili anche gli Stati Uniti e l'Europa, che con la sua polizia presidia il valico di Rafah.
Gaza è più povera e più affamata che mai. L'ingresso e l'uscita delle merci sono praticamente bloccati, la pesca è proibita, le decine di migliaia di dipendenti dell'Autorità Nazionale Palestinese non ricevono lo stipendio, e la possibilità di andare a lavorare in Israele è fuori discussione.
E non abbiamo ancora parlato dei morti, delle devastazioni e degli orrori. Negli ultimi due mesi, Israele ha ucciso 224 palestinesi tra cui 62 bambini e 25 donne. Ha bombardato, assassinato, distrutto senza che nessuno intervenisse. Nessuna base di lancio di razzi Qassam, nessuna galleria per il transito clandestino di armi possono giustificare così tante morti. Ogni giorno viene ucciso qualcuno, e per lo più si tratta di civili innocenti. Che ne è del tempo in cui in Israele c'era ancora un dibattito su questi omicidi? Oggi Israele lancia missili, colpi d'artiglieria e bombe sulle case e uccide intere famiglie, senza sosta. Gli ospedali scoppiano: le persone ricoverate per cure mediche sono un migliaio. La settimana scorsa a Shifà l'unica struttura di Gaza che merita forse di essere definita un ospedale - ho visto scene da spezzare il cuore: bambini con arti amputati, attaccati a un respiratore, paralizzati, menomati per il resto dei loro giorni. Ci sono state famiglie uccise nel sonno, mentre viaggiavano a dorso d'asino, oppure mentre lavoravano i campi.
Nelle case, bambini terrorizzati, traumatizzati da quello che hanno visto, si stringono gli uni agli altri, con un orrore negli occhi che è difficile descrivere a parole. Un giornalista spagnolo che ultimamente ha trascorso qualche tempo a Gaza un veterano di zone di guerra e catastrofì di tutto il mondo - ha detto di non aver mai assistito a scene agghiaccianti come quelle che ha visto e documentato negli ultimi due mesi.
Stabilire chi ha deciso tutto questo è difficile. E’ lecito dubitare che i ministri siano consapevoli di cosa sta succedendo a Gaza. Ma i responsabili sono loro, a cominciare dalla pessima decisione dell'embargo, per proseguire con il bombardamento dei ponti e della centrale elettrica e con gli assassinii di massa. Adesso Israele è nuovamente responsabile di tutto ciò che accade nella Striscia.
Il grande imbroglio
I fatti smascherano quel grande imbroglio che è Kadima, il partito che è andato al potere sulla scia del successo teorico del disimpegno. Kadima aveva promesso convergenza, una promessa che il primo ministro si è già rimangiato. Chi pensava che fosse un partito centrista ormai dovrebbe aver capito che è solo l'ennesima formazione di destra favorevole all'occupazione.
Lo stesso vale per i laburisti.
Il ministro della difesa, Amir Peretz, è responsabile quanto il premier di quello che sta accadendo a Gaza. Le sue mani sono sporche di sangue come quelle di Olmert, e non potrà mai più presentarsi come "uomo di pace". Le incursioni compiute ogni settimana, ogni volta in un punto diverso, le operazioni "uccidi e distruggi" che partono dal mare, dall'aria e da terra hanno tutte nomi che sembrano una mano di bianco data sulla realtà: “Pioggia d'estate", "Kindergarten chiuso".
Nessun pretesto di sicurezza può giustificare questo ciclo di follia e nessun argomento può giustificare il vergognoso silenzio di tutti noi. Il militare Gilad Shalit non sarà liberato e i lanci di razzi Qassam non smetteranno, e intanto a Gaza scorre un film dell'orrore. E anche se oggi questo orrore servisse a impedire qualche attentato, sul lungo periodo è destinato a generare un terrore omicida ancora più grande. Quel giorno, convinto come al solito di essere nel giusto, Israele dirà: "Ma noi gli abbiamo restituito Gaza! "
Tranquillo, compagno: non era un’abitudine solo di sinistra quella di darsi del tu. È stata ampiamente praticata anche da altri (leggi fascisti, di tutte le latitudini). Insomma, eccezion fatta per goliardi, et studenti universitari in genere, è una buona abitudine condivisa da tutti quelli che nutrono scarso amore per la libertà. Come ho già ammesso, io pratico oltre che idee, anche abitudini borghesi, e mi è quindi normale fare un minimo di distinzione fra persone con cui si ha confidenza, e persone con le quali non se ne ha, partendo dal pronome con cui mi rivolgo all’interlocutore.
RispondiEliminaNon è che mi faccia più o meno comodo arruolarLa nella sinistra progressista piuttosto che, ad esempio, nell’UDC; il fatto è che di quella Lei esibisce la presupponente saccenteria che distingue l’unica, vera nonché sedicente classe intellettuale del paese.
Per cui mi scuserà se le ricordo che cause ed effetti, in un sistema complesso, non sono categorie assolute, così come un singolo anello di catena è sì successivo (effetto) di quello che lo precede, ma è anche antecedente (causa) rispetto a quello che lo segue. La classificazione dell’anello dipende quindi dal punto di vista; e i nostri non coincidono.
Mi sembra perciò alquanto sterile proseguire questo scambio di opinioni, dal momento che sono viziate all’origine dalla convinzione (la mia) che Lei nutra sentimenti antiamericani e antisemiti e che io (la sua), sia un imbecille illetterato nonché irredimibile guerrafondaio antiprogressista.
Non giova dunque precisare che ho in profondo orrore la guerra e le sue abominevoli conseguenze, ma che al tempo stesso constati che la pace debbasi volere da ambedue le controparti, e non da una sola, e che chi proclama di volerla non deve passare di provocazione in provocazione e poi gridare al Caino.
Non giova constatare che anche nel particulare quotidiano ci si scanni per venti euri, per gelosia, persino per un parcheggio, per cui sono costretto a registrare, non a giustificare o tampoco rallegrarmi, che la violenza è connaturata con l’essere umano e che quindi la guerra non è altro che l’estensione dell’aggressività dei singoli individui.
Non giova ricordare che avendo se non altro vissuto i cosiddetti anni di piombo del terrorismo praticato dai compagni che sbagliavano (non troppo però, visto come molti si sono ultimamente piazzati su poltrone niente male), non ho mai affermato che il terrorismo è solo islamico, ma che oggi è solo islamico.
Non giova chiedersi com’è che i paesi arabi, che da almeno mezzo secolo rastrellano quantità inimmaginabili di valuta provenienti dal petrolio, non trovino mai i pochi spiccioli necessari per dare una vita decorosa a 2 milioni di palestinesi ma si preoccupino esclusivamente di omaggiarli senza risparmio di pacchi dono contenenti Kalashnikov, batterie di mortai, Katyusha e vitalizi per le famiglie dei terroristi suicidi.
Stiamo quindi in attesa della verità. Visto che la storia, ex ore tuo, la scrivono i vincitori (ma chi l’avrebbe mai detto?), dovremo solo pazientare quel poco che serve prima che l’Islam provveda alla bisogna; spero solo, atteso che un mondo senza vino, prosciutto umbro e donne nude proprio non mi sento di sopportarlo, che possa per allora già godere della Verità, anche se dubito di averla meritata.
Credo sia meglio piantarla qui. Questi nostre chiacchierate dimostrano l’assoluta inutilità di uno degli idola contemporanei: il dialogo. Alla fine del quale tutti restano della propria opinione, un poco più incazzati però, perché l’antagonista è andato magari sul pesantino e ci ha messo un carico da dodici.
Sit tibi Islam levis, Jeanluke.
Luigi Kraus
Oh finalmente! Era ora! Finalmente ce l'ha fatta a darmi dell'antisemita (antiamericano se l'era già giocato al secondo intervento se non sbaglio...)! Non capisco cosa aspettasse. Ecco, ora sì che il quadro è completo: stalinista compagno mangia-bambini e per di più antisemita. Lei continua a dipingersi come più l'aggrada l'interlocutore che le sarebbe piaciuto avere dinanzi, con il quale avrebbe avuto gioco facile con un paio di aneddoti a buon mercato sui gulag e sui pogrom. Purtroppo (per Lei) così non è e, in evidente penuria di argomenti, ha gettato la spugna.
RispondiEliminaEh sì, perchè io più volte Le ho ripetuto l'invito a confrontarci (dato anche il tema del post relativamente al quale questo scambio di opinioni ha avuto luogo) sui risultati e le conseguenze a breve, medio e lungo termine della politica estera statunitense dal 2001 a oggi. Ho espresso, pur molto sinteticamente, il mio giudizio e ho atteso, vanamente, che esplcitasse e argometasse il Suo. Questo perchè trovo interessante comprendere il punto di vista di chi scorge qualcosa (o molto) di buono in ciò che per me non ne ha, trovo stimolante misurarmi su argomentazioni razionali che contrastano il mio punto di vista sul mondo. Purtroppo con Lei non è stato possibile e francamente me ne dispiaccio, perchè si è persa un'occasione di vero confronto.
Entrando nel merito, concordo con la precisazione che fa sull'utilizzo delle categorie "causa-effetto": in realtà il concetto che intedevo esprimere è più complesso e articolato di quanto la vaghezza terminologica adoperata mio malgrado potesse rendere, ma lo spazio a disposizione è troppo esiguo per scendere ad un livello di dettaglio più esauriente. Spero comunque essere riuscito a esprimere l'idea.
Mi compiaccio invece del fatto che non si ritenga un "guerrafondaio antiprogressista" e magari La stupirà sapere che non è così che l'avevo battezzata (forse perchè, al contrario di Lei, prima di attribuire epiteti al mio interlocutore cerco di comprenderne a fondo il punto di vista). Trovo altresì degne di considerazioni le sue riflessioni sul tema della naturale aggressività congenita al genere umano (che Lei però dà come immodificabile dato di fatto, opinione che condivido solo in parte) e sono d'accordo con Lei (l'avrebbe mai detto?) che il "pacifismo senza se e senza ma", come buona parte degli "-ismi", difetta di pragmatismo e razionalità.
Le dovrà inoltre sembrare singolare il fatto che un antisemita convinto come me trova assolutamente appropriata e condivisibile la Sua considerazione sull'ambiguità dei governi arabi sulla questione palestinese. Da tempo sono intimamente convinto che una reale volontà di risolvere questo annoso problema manchi tanto da un lato quanto dall'altro e che a fare le spese di questi odiosi giochi di potere siano come sempre degli innocenti (arabi o israeliani, poco m'importa).
Dove invece penso con decisione che Lei sbagli è nell'inquadrare l'immane groviglio di interessi economici e strategici che caratterizza l'attuale situazione geopolitica nell'ambito delle vuote categorie dello scontro di civiltà, o peggio ancora, dello scontro fra religioni. Se c'è un aspetto per cui mi professo marxista fino all'osso, questo non è certo da ricercarsi sul terreno della prassi rivoluzionaria, quanto piuttosto su quello dell'analisi storica, che va specificatamente sotto il nome di "concezione materialistica". Orbene, alla luce di ciò, mi sento di rassicurarLa e invitarLa a dormire sonni più tranquilli: nessuno ha intenzione di privarLa del prosciutto, del vino o delle donnine nude ed i fiumi di retorica che (da una parte e dall'altra) infiammano le folle e catalizzano le frustrazioni delle masse, celano interessi essenzialmente regionali, di natura economica o al più strategica, ma non preludono all'armageddon che qualcuno ama quotidianamente prospettarci come imminente. Opinioni personali naturalmente, la Storia ci dirà.
Prendo alfine atto della Sua decisione di non proseguire oltre queste nostre "chiacchierate". Probabilmente è la cosa migliore, anche se, a differenza di quanto ritiene Lei, non ho trovato inutile questo dibattito e spero ci ripensi. Mi ha aiutato a confrontarmi innazitutto con me stesso, ossia a testare la validità delle mie convinzioni e delle mie tesi una volta esposte al fuoco incrociato del contraddittorio. Mi ha fornito argomentazioni con cui misurarmi e nello sforzo dialettico di confutarle, ho corroborato l'efficacia delle mie. Insomma, non è per vendere la solita aria fritta, ma in una qualche misura, seppure forse piccola, personalemente mi sento arricchito.
Come vede ho abbandonato l'uso del tu che palesemente mal digeriva. Non voleva essere una mancanza di rispetto, nè una forma di frettolosa confidenza. Nella vita quotidiana non uso rivolgermi con il tu a chi non conosco, specialmente se più grande di me, ma considero Internet, e nella fattispecie i blog, una via per esprimersi al di fuori degli schemi, una forma più diretta e più "democratica" di mezzo di comunicazione in cui non è forse così assurdo lasciar da parte le convenzioni sociali e concentrarsi sulle idee.
Ci tengo, infine, a precisare che ritengo onestamento immotivato il tono un po'stizzito che traspare in particolare dal Suo ultimo intervento. Non mi sembra di averla mai definita "illetterato" (tema su cui invece ritengo abbia fatto della piacevole ironia, dico sul serio), nè tantomeno "imbecille", nè credo di essere andato sul "pesantino" o aver messo da qualche parte "carichi da dodici", a meno che non si intenda con questo una certa veemenza dialettica che però non mi sembra abbia mai trasceso il rispetto dovuto. Da parte mia devo dire che l'epiteto di antiamericano che Lei mi ha rivolto più volte non mi ha turbato (se non altro per la generalità un po' banale), mantre ho trovato assolutamente di pessimo gusto l'affibbiarmi, in maniera superficiale e (per una volta mi lasci passare senza offendersi il termine un po'forte) ottusa, l'etichetta di antisemita, che in un precedente post ho definita "odiosa" e aggiungo ora "vigliacca", dato ciò che l'antisemitismo (quello vero...) ha prodotto nei secoli, specialmente nell'ultimo, in termini di sofferenze e atrocità.
Io e Lei, Sig. Krauss, abbiamo visioni differenti delle cose, ma non siamo poi così diversi come Lei crede. Penso (e spero) che ci accomunino l'amore per la libertà, la democrazia, il rispetto dei diritti degli individui, l'odio per tutte le forme di oppressione e di violenza. Certo io sono ben lungi dal considerare il dialogo un "inutile idola contemporaneo", anzi nutro in esso una sconfinata fiducia. E penso proprio che sia questa la più grnade differenza fra me e Lei, Sig. Krauss.
Devid Antoleariu said:
RispondiEliminaPosso contribuire anch'io alla rassegna stampa?
“È un fatto che non tutti i mussulmani sono terroristi, ma è egualmente un fatto che tutti i terroristi sono mussulmani. Quelli che hanno sequestrato i bambini di Beslan erano mussulmani. Quelli che hanno sequestrato e ucciso i dodici nepalesi sono mussulmani. Quelli he hanno fatto saltare in aria i complessi residenziali di Riad e di Khoba sono mussulmani. Quelli che catturano gli ostaggi e li sgozzano sono mussulmani. Quelli che onducono gli attacchi suicidi sono mussulmani. Bin Laden è mussulmano. I suoi luogotenenti, i suoi consiglieri, i suoi manovali sono mussulmani. Questo on ci dice niente su noi stessi e sulla nostra società? Lo sceicco Yusuf al-Qaradawi, padre di due fanciulle che protette dalla polizia inglese studiano nella miscredente Gran Bretagna, giustifica o addirittura approva le uccisioni dei civili americani in Iraq. Mi domando come farebbe a guardare in faccia la madre di Nick Berg. Mi domando anche come possa pensare d’esser creduto quando alla Tv afferma che l’Islam è una religione di pace e misericordia e tolleranza. Noi mussulmani siamo malati. Davvero malati, e d’una malattia molto seria. Dovremmo curarla. Il guaio è che per curare una malattia bisogna prima denunciarla, ammettere d’averla. E nessuno la ammette. Nessuno confessa d’esser malato. Non possiamo ripulire il nostro nome se non ammettiamo che il terrorismo è diventato una bruttura tutta islamica, il nostro monopolio esclusivo. Non possiamo redimere i nostri giovani se non ci confrontiamo con gli sceicchi che per darsi un’identità posano a rivoluzionari e mandano a morire i figli degli altri. Che i propri figli, invece, li mandano a studiare nelle università americane o europee”.
Abdel Rahman al-Rashed, articolo pubblicato sul giornale Asharq al-Awsat.