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venerdì 19 agosto 2011

Usciamo il Buon Senso

Anziché rivolgermi all’Accademia della Crusca, mi rivolgerò più modestamente a Mario Kraus, che nel suo intervento voleva entrare il cane e uscire il gatto senza incorrere in errori di grammatica.
Caro il mio littizzettofilo, se c’è una virtù che mi contraddistingue è quella di capire tutto e tutti: capisco quelli che affogano i salvagenti, quelli che giocano a scacchi col morto, quelli che mandano a letto i bambini senza colazione e persino quelli che abbandonano il cognato in autostrada, ma quelli che dicono “esci il cane”, no. È una questione di buon gusto, che cappero: quando l’altro giorno un mio amico mi ha detto al telefono “Ho uscito il cane”, ho sentito le orecchie che stridevano e il sangue arrestarsi manco si fosse trovato davanti a uno stop. E bada che gliel’ho pure fatto notare: niente, è stato come parlare al sottoscritto quando gioca a Pornotetris; l’amico Fritz ha continuato imperterrito a uscire cani, scendere valigie e salire i sacchi della spesa senza ritegno, benché per il resto parli in ottimo italiano.
Indi per cui, anziché rivolgerci all’Accademia di cui sopra, rivolgiamoci piuttosto al buon senso e facciamo un favore al nostro udito e alla nostra lingua: riprendiamoci pure il passato remoto, ingiustamente lasciato al Sud, e buttiamo questo uso strampalato dei verbi al cane, invece di uscirlo.

Devid Antoleariu