Non lamentiamoci per le scorte della casta e per le caste di scorta (calciatori scioperati scioperanti, squadre di clàbbe e di cleb che forse pagheranno al posto loro, personaggi dello spettacolo, ecc.): in fin dei conti il fatto di vivere in Italia ci ha evitato una sorte ben peggiore, specie se penso alla figura del cognato, messa in risalto da Anton e già assai importante nel Meridione, dove spesso si terminano i discorsi importanti salutando questa particolare categoria di parenti che, oltre al resto, dà ottimi numeri del lotto in sogno, ma che in India è molto più in auge che da noi.
Tant’è vero che, nella lingua ufficiale di quel Paese, il termine “cognato” ha una carica affettiva fortissima, pari a quella del nostro fratello, e si traduce con sei/otto termini a seconda che per cognato si intenda il fratello minore della moglie, quello maggiore, il marito della sorella maggiore, di quella minore, il marito della sorella della moglie ecc. ecc. senza contare che, se si tratta di una cognata anziché di un cognato, le parole cambiano e conseguentemente il numero delle traduzie possibili raddoppia.
Ne deriverebbe che, se fossimo indiani, sborseremmo ancora più quattrini per le gomme di scorta del fratello della moglie della sorella del marito, o per la sorella minore del marito della cognata che non sta da noi ma nell’altra casa, per tacere poi dei bagni gratuiti nel Gange, l’ora di meditazione e di yoga, le auto blu se si tratta di deputati del PDL (Ford Escort, in ogni caso) e le auto rosse per quelli del PD, sempre in attesa che Fini e i suoi amichetti fuoriusciti scelgano il colore della vettura perché ancora non s’è capito se rientreranno nelle file del Berlusca o resteranno in disparte.
Insomma, nel complesso ci è andata pure bene, e se i vantaggi della casta non si estenderanno anche ai cugini di terzo grado potremo finalmente uscire dalla crisi fra quindici/vent’anni. E senza neppure dover fare sacrifici per restare nell’Unione Asiatica.
Mario Kraus