Certe volte torno a casa e mi sembra che il tempo non sia più vivo. Mi sono attaccato a momenti ormai trascorsi da un pezzo, a ricordi che si squagliano di volta in volta, sicché sto perdendo la comunicazione con la realtà e risulto irritante. E allora mi dicono “ma ‘ndo vivi, sei te che sei sorpassato”. Ma che ne so… So' 'r passato, so' 'r presente, so' 'r futuro, e invece nun so' gnente…
Ormai anche la politica, la volontà, le passioni sportive, gli affetti mi sono rimasti appiccicati addosso sotto forma di cose avvenute, se sento parlare di quello che è successo ieri scuoto la testa.
Che ne so? La casta, la Carrà che canta ancora “A far l'amore comincia tu” (e ce vo' un bel coraggio se pensi che ormai avrà du’ secoli netti d'età), Gheddafi che, solo e sconfitto, riscuote giusto le simpatie di Chavez e le mie (ci pensi? Eppure l’aveva detto Elio che il Ghed “non è di grande compagnia / ma è il più simpatico che ci sia”; lo vedi alla fine che aveva ragione?), l’ultimo scudetto che manco so più chi l'ha vinto, la moda che fa tendenza, l'arrivo di trecento milioni di immigrati previsto per domani.
Tutte cose di cui ho sentito parlare oggi e di cui già in questo preciso momento non ricordo più nulla.
Vado nell’altra stanza, infilo una cassetta nei meandri del lettore perché il PC non funziona e accendo la baracca.
A un certo punto, come dice la Nannini, mi sorprendo: vedo l’attacco in bici di uno che non c’è più da sette anni e che dall’ultima volta che ha vinto ne sono passati dieci. Eppure mi metto a saltellare sul letto come un bambino, come se quello che sto vedendo avvenisse ora, adesso, come se stessero correndo una tappa del Tour questa sera. Per un attimo dimentico che il Tour quest’anno l’hanno già corso e mi ritrovo a domandarmi se non debbano ancora correrlo.
Intanto Pantani è a tutta ed è scattato sgranando il gruppo. Lo seguo fremendo come se la gara fosse in diretta. Alla fine la vincerà, quella tappa, anche se quel disgraziato di Armstrong, non contento di aver vinto il Tour per sette volte, al traguardo andrà pure a dire che quella vittoria gliel'aveva regalata. “Dai, Pantà, non je la fa' passà liscia” mi dico furibondo. E infatti il Pirata liscia non gliela fa passare, un paio di giorni dopo (ma è sempre adesso) lo stacca su un’altra salita e a quel punto potrei ritenermi soddisfatto. Ma c’è ancora una tappa di montagna da fare e mi viene quasi da piangere quando, dopo aver visto Marco scattare a 120 km dall'arrivo, lo vedo raggiunto quando ne mancano 60 e staccato alla fine. Però non mi tolgo dalla testa quel momento in cui ho esultato vedendolo andare all'attacco e mi son messo a fare il diavolo a quattro come già l’avevo fatto, dieci anni fa, quando tutto è risuccesso di nuovo.
Devid Antoleariu